Caos Coppa Italia, parla Genny ‘a carogna: “Vi racconto la verità…”

CalcioWeb

Genny a carognaDopo il grande caos nel pre partita della finale di Coppa Italia, diverse versioni dei fatti sono circolate. Si è parlato nello specifico di un “confronto” con una figura molto carismatica della curva napoletana, l’ormai noto Genny ‘a carogna. Proprio l’ultrà ha parlato oggi intervistato da ‘Il Mattino’: “Quelle che sono state scritte sono tutte sciocchezze. – ha sentenziato – Hamsik è venuto da noi solo per rassicurarci sulle condizioni del nostro amico, per dirci che stava meglio, che poteva farcela. Lo stesso messaggio che ci hanno dato le forze dell’ordine. Noi abbiamo parlato con tutti con calma e rispetto, senza minacce o provocazioni. Non c’è stata alcuna trattativa tra la Digos e la curva partenopea sull’opportunità di giocare o meno la partita. Il resto sono invenzioni dei giornalisti”.

“Ovviamente, quindi, – ha proseguito il tifoso – Quello che è successo sabato è inaudito, non era mai accaduto che qualcuno sparasse ai tifosi. Di tutto questo sembra non importare niente a nessuno. Ma a noi sì, a noi interessa. Ed è per questo che abbiamo deciso di rinunciare alla coreografia che avevamo organizzato e che ci era costata quindicimila euro. E la stessa cosa hanno fatto anche i supporter della Fiorentina”.

“Come avremmo potuto srotolare gli striscioni, e cantare, e ballare quando uno di noi era in fin di vita? Ci siamo rifiutati di farlo. Ma non abbiamo minacciato nessuno e non abbiamo detto di non giocare. Né avremmo avuto il potere per farlo. Noi non possiamo decidere nulla”.

“Nessuno poteva costringerci a restare allo stadio e infatti subito dopo il primo goal molti di noi sono andati via. – ha spiegato a’ Carogna – Più che del Napoli ci interessava di quel ragazzo in fin di vita. Perciò siamo rimasti tutta la notte in ospedale con la famiglia e con le forze dell’ordine”.

“Ci stavamo dirigendo verso la curva Nord dell’Olimpico scortati dalle forze dell’ordine. – ha raccontato – Poi è successo l’inferno, abbiano sentito i colpi e ci siamo accorti che tre di noi erano rimasti a terra. Una cosa del genere non si era mai vista, pure quando uccisero quel tifoso all’Olimpico, Paparelli: allora non spararono un colpo di pistola, ma un razzo che purtroppo gli finì in un occhio. Perciò i fatti di Roma sono gravissimi”.

Infine parla della sua maglia su Speziale: “Non è un gesto di sfida, – ha assicurato – anzi. L’unica cosa importante di questa storia ormai è diventata la maglietta che io e gli altri tifosi indossiamo. ‘Speziale libero’ c’è scritto. Ma attenti: la maglietta è in onore di una città dove abbiamo tanti amici e nei confronti di un ragazzo che sta chiedendo attraverso i suoi legali la revisione del processo. È una richiesta di giustizia, non un’offesa contro una persona deceduta o contro i suoi familiari”.

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