Soprannomi dal calcio: dai più eccentrici ai più classici, fantasia al potere

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Da Cartavelina Sindelar a Piedone Manfredini, passando per il Divin Codino Baggio: storia di oltre centro soprannomi

La storia del calcio è fatta, anche, di soprannomi: marchi di fabbrica indelebili, i protagonisti se li portano addosso a volte sin da bambini, altre volte sono frutto di determinate circostanze o dell’inventiva di qualche compagno di squadra o della fantasia dei tifosi. Soprannomi che coinvolgono i calciatori senza distinzione di classe: da Maradona, il più grande di tutti, al grottesco Larrivey, ce n’è per tutte le categorie. E partiamo proprio con il più fuoriclasse tra i fuoriclasse: nel torrido pomeriggio del 22 giugno 1986 nasce il mito della Mano de Dios, Diego segna un goal di mano ai mondiali messicani contro l’Inghilterra e, con il più antisportivo dei gesti, entra nella leggenda più ancora di quanto non lo fosse già. E se di capisaldi della pedata parliamo, l’elenco è ancora parecchio lungo: Pelè diventa O’rei e non c’è bisogno di spiegazione alcuna, mentre Alfredo Di Stefano è la Saeta Rubia, la saetta bionda. Nobili, lussuosi, prestigiosi, dominanti, immortali: l’Imperatore (poi decaduto) Adriano, Kaiser Franz Beckenbauer, l’ottavo Re di Roma Paulo Roberto Falcao, il Barone Franco Causio, il Principe Francescoli. Che non è l’unico Principe del nostro calcio, vista la somiglianza con l’uruguagio lo stesso soprannome è stato attribuito a quello straordinario bomber che è (stato) Diego Milito. E se l’O’Rei per eccellenza è stato Pelè, anche in Italia abbiamo avuto un calciatore dalla corona in testa: Roberto Pruzzo, ribattezzato O’Rei de Crocefieschi, dal paese natio.

rivera breraRimanendo in ambito italiano, impossibile non parlare di tre dei calciatori più importanti della storia del nostro calcio: Totti, Del Piero, Baggio. Il fuoriclasse della Roma è noto al mondo intero come Pupone, nomignolo risalente alla tenera età, quando già vestiva la casacca giallorossa. E’ stato invece l’inimitabile Avvocato Agnelli a ribattezzare Del Piero come Pinturicchio, famoso pittore del rinascimento italiano, accomunando i due per la classe nel pennellare, seppure in ambiti diversi. Baggio è per tutti il Divin Codino, per via dell’acconciatura che ne ha caratterizzato gran parte della carriera.  Ed andando indietro con gli anni, anche di parecchio, ci rendiamo conto di come l’arte del soprannome abbia affascinato sin dai decenni passati. Alzi la mano chi non conosce il nomignolo di uno dei più grandi bomber di tutti i tempi, Gigi Riva: ebbene sì, il centravanti che ha dedicato la sua vita sportiva al Cagliari è passato alla storia come Rombo di Tuono da uno dei più grandi giornalisti italiani di tutti i tempi, alias Gianni Brera, ispirato dal mortifero sinistro del ragazzo. Meno generoso, lo stesso Brera, è stato con un altro straordinario fuoriclasse, vale a dire Gianni Rivera, chiamato Abatino, non certo per elogio portare: abatino era infatti un modo per definire, allo stesso tempo, l’eleganza del giocatore unita ad un coraggio davvero minuscolo. Famoso è anche Benito Lorenzi, grande attaccante che negli anni cinquanta scrisse la storia dell’Inter, meno dotato calcisticamente dei due, ma talmente cattivo sul campo da gioco da meritare una letterature a parte: basti pensare che veniva chiamato Veleno, da compagni ed avversari.

Portrait of Attilio LombardoAndando alla rinfusa, ecco un rapido elenco di altri giocatori che, nel corso della loro carriera, si sono meritati un appellativo: Attilio Lombardo, detto Popeye, per la somiglianza con Braccio di Ferro; Pasquale Luiso, il Toro de Sora, non dalla città di nascita (Napoli), bensì dalla squadra con cui ha iniziato a farsi conoscere seriamente negli ambienti del calcio; l’Aeroplanino Vincenzo Montella, dall’esultanza con cui festeggiava ogni goal segnato; Penna Bianca Fabrizio Ravanelli, evidente omaggio alla sua capigliatura, soprannome coniato anche per un altro bomber della storia della Juventus, cioè Roberto Bettega, detto anche Bobby goal; Moreno Torricelli, invece, quando passò dalla Caratese, club di Serie D, alla Juventus, svolgeva il mestiere di falegname, da qui divenne Geppetto; Sandro Tovalieri, più che onesto bomber che ha calcato i campi della Serie A, è stato ribattezzato il Cobra, per la rapidità con cui mordeva nelle aree di rigore avversarie; a Cagliari Antonio Langella è diventato Arrogutottu, alias ‘spaccatutto’, per la potenza con cui il giocatore invadeva le corsie laterali del campo; da padre a figlio, da Bob a Bobo, da Robert a Christian Vieri; altre somiglianze animalesche sul campo da gioco ed ecco che Dario Hubner si trasforma nel Bisonte; mutuati dai supereroi i soprannomi di Walter Zenga e Filippo Inzaghi, trasformati, rispettivamente, nell’Uomo Ragno e in Superpippo; dovuto ad un equivoco il nomignolo Cipe per Giacinto Facchetti: un giorno Helenio Herrera chiamò il giovane Facchetti, sbagliando, Cipelletti, da lì l’abbreviazione. Il Mondiale ’82 in cui portò l’Italia alla vittoria dei Mondiali rese eterno il mito di Paolo Rossi che, per le scorribande sui campi da calcio spagnoli, divenne per sempre Pablito. Infine, per quel che riguarda i nostri confini, evidenti richiami alle sue origini per Stefan El Shaarawy, detto il Faraone, mentre alle scorrazzate sulla fascia destra ed all’umiltà con cui si è messo ai servizi delle squadre per cui ha giocato è dovuto il Soldatino di Angelo Di Livio.

piedone manfrediniIn tema di soprannomi, però, i calciatori sudamericani possono vantare un’originalità con pochi precedenti. Quel Leo Messi che di crescere sembra non volerne sapere, prima ancora di diventare uno dei calciatori più forti di sempre, viene ribattezzato la Pulga, la pulce in idioma argentino.  Al quartiere, al ‘barrio’ in cui è nato e cresciuto, Carlos Tevez deve il nome di Apache, mentre il connazionale Sergio Aguero è detto El Kun dal suo cartone animato da bambino, Kum Kum il cavernicolo, un anime giapponese. Rimaniamo in tempi moderni ed in terra argentina: Gonzalo Higuain eredita il soprannome dal papà, detto El Pipa per la forma del naso. L’attaccante del Napoli è invece El Pipita. Ereditario anche il nomignolo di un ex che in Serie A abbiamo visto all’opera per parecchi anni: la Brujita Juan Sebastian Veron, il cui papà era la Bruja, la strega. Uno dei più grandi argentini visti all’opera nel nostro campionato è senza dubbio Gabriel Omar Batistuta, cui la Fiesole, curva ultras della Fiorentina, dedicò una statua ed la nomea di Re Leone, per la predominanza nelle aree di rigore avversarie. Chiudiamo il cerchio argentino: Julio Cruz diventa el Jardinero ai tempi delle giovanili quando, ad allenamento finito, si fermava con alcuni compagni a giocare vicino ad un tagliaerba; Alejandro Rodriguez è il Chori, il salsicciotto, per via delle dimensioni del suo, diciamo, organo riproduttivo; German Denis è el Tanque, il carrarmato, a causa della sua forza fisica; Claudio Lopez, passato dalla Lazio con fortune alterne, è stato soprannominato il Piojo, il pidocchio, non per le dimensioni fisiche (1,78 cm), bensì per la capacità di incunearsi tra le maglie dei difensori avversari; Ariel Ortega sin da tenera età, considerate le movenze sui campetti fangosi d’Argentina, divenne el Burrito, l’asinello; Javier Pastore è talmente magro da essere ribattezzato el Flaco, il secco; Diego Pablo Simeone è El Cholo, nomignolo di origine azteca ed indicante un melting pot di razze; la dentatura sporgente ha fruttato a Javier Saviola l’appellativo di Conejo, coniglio; cause geografiche per Roberto El Pampa Sosa, ex Udinese e Messina ed ora commentatore , che ha preso in prestito il nome dalla regione in cui è nato e cresciuto. Post Scriptum: nei primi anni ’60 l’argentino Pedro Manfredini fece impazzire la curva della Roma, segnando caterve di goal: passò alla storia come Piedone, galeotta fu una foto scattatagli mentre scendeva la scaletta dall’aereo, con la prospettiva, ingannevole, che diede mostra di un piede dalle dimensioni enormi. Falso storico, considerato il normalissimo 42 del bomber argentino.

salasE se oggi tutti conoscono Edinson Cavani come il Matador, in pochi sanno che, nelle fasi iniziali della carriera, era chiamato El Botija, la bottiglia, per il suo fisico esile e filiforme. Per gran parte dei tifosi, soprattutto quelli laziali, il vero Matador è solo uno: il cileno Marcelo Salas, solito festeggiare i propri goal con l’inchino classico dei toreri. Walter Pandiani, eroe delle notti gloriose di Champions League del Deportivo la Coruna, è il Rifle, dal nome del mitra, per la spietatezza con cui colpiva in area di rigore. Aldair, difensore con trascorsi importanti nella Roma e brasiliano di nascita, fu rinominato Pluto dai tifosi giallorossi per la somiglianza, pur vaga, con il famoso cane frutto dell’inventiva di Walt Disney. Più che con il suo nome e cognome, Julio Baptista è conosciuto con la nomea di Bestia, per via del fisico imponente e quasi disumano. O’Animal è stato Edmundo, a causa del carattere selvaggio e poco incline al mite. Identico soprannome ed identiche motivazioni per l’italianissimo Pasquale Bruno, rude difensore noto per la facilità con cui faceva assaggiare i suoi tacchetti agli avversari. E se di animali brasiliani parliamo, ricordiamo anche il Puma Emerson, così detto per i balzi felini con cui si impossessava della palla prima di smistarla. E ancora, rimanendo in Sudamerica: data l’instancabile e pedissequa corsa, Cafu è il Pendolino; motivo analogo per un altro velocipede brasiliano, mancino al contrario di Cafu, alias Serginho, detto Concorde: sempre di treni parliamo;  Javier Hernandez, così scritto, direbbe qualcosa a pochi: l’attaccante messicano è conosciuto da tutti come Chicharito, alias pisellino, al punto da scriverselo, da sempre, sulla maglia, a chiamarlo così fu il padre a causa degli occhi verdi; l’amore per la Bibbia e la consuetudine a citarla ha fruttato ad Hernanes il soprannome di Profeta, datogli da un conduttore tv brasiliano; El Nino Maravilla, il bimbo delle meraviglie, è Alexis Sanchez, capace di grandi magie palla al piede; Ivan Zamorano ha mutuato dai Flintstones il nomignolo di Bam Bam, dal pestifero e forzuto figlioletto di uno dei protagonisti del celebre cartone animato; Gli Angeli dalla Faccia Sporca sono stati tre tra i più gloriosi calciatori che sono passati dal nostro campionato, dal viso angelico ma, sul campo da gioco, terribilmente spietati e cattivi: Omar Sivori, detto anche El Cabezon a causa delle grosse dimensioni della testa, Antonio Valentin Angelillo ed Humberto Maschio. Tutti e tre, peraltro, sono stati degli oriundi azzurri.

recobaChiudiamo alla rinfusa, senza seguire alcun filo logico e sperando di soddisfare ogni curiosità, passando da grandissimi fuoriclasse a bidoni assoluti. George Best, straordinario e mitologico interprete del calcio, per via della capigliatura e dello stile di vita da pop star, è diventato il Quinto Beatle: una leggenda che vive ancora oggi; il già citato Avvocato Agnelli ha ribattezzato Zibi Boniek, attaccante polacco della Juventus, il Bello di Notte, per via della frequenza con cui segnava nelle serate europee della Vecchia Signora; il fantasioso Gianni Brera rese celebre il mito di Roberto Bonimba Boninsegna: questione onomatopeiche, un misto tra il cognome del giocatore e Bagonghi, un nano da circo, con riferimento all’esplosività del giocatore nonostante la statura non eccelsa; i rancorosi tifosi del Novara sono l’origine del nomignolo femminile attribuito ad uno dei più grandi calciatori italiani di sempre: Giampiero Boniperti, chiamato Marisa per via del saluto e dell’omaggio floreale riservato all’omonima Miss Piemonte del periodo, prima di un’amichevole tra la Juve e l’altro club piemontese; questioni di assonanza con il cognome e di grande rapacità in area di rigore avversaria hanno fruttato ad Emilio Butragueno il soprannome di Buitre, avvoltoio; la grande classe sui campi da gioco e le radici in terra rumena hanno fatto sì che Gheorghe Hagi diventasse il Maradona dei Carpazi, dalla catena montuosa che attraversa l’Europa dell’Est; il taglio orientale degli occhi ha portato Alvaro Recoba ad essere conosciuto come El Chino; la cattiveria con cui mordeva le caviglie avversarie è alla base del Pitbull riservato ad Edgar Davids; motivi analoghi, in salta italianissima, per Gennaro Ringhio Gattuso; l’esultanza ad ali spiegate dopo ogni goal è il motivo per cui Andrea Caracciolo è l’Airone; la classe e la bellezza delle movenze con cui si muoveva sui campi da gioco hanno reso immortale il mito di Marco Van Basten, il Cigno di Utrecht, dal luogo di nascita; identica lettura per un altro strepitoso interprete del calcio moderno, più volte accostato proprio al fuoriclasse olandese: parliamo di Zlatan Ibrahimovic, il Fenicottero di Malmoe, il cui appellativo più famoso è, però, Ibra, abbreviazione del cognome.

chinaglia2E ancora: i tifosi della Lazio hanno coniato Long John per Giorgio Chinaglia, dato che era molto imponente fisicamente e crebbe in Gran Bretagna; Eusebio fu la Pantera Nera, per la maestosità con cui stava in campo e per il colore della pelle; qualcosa di simile per Ruud Gullit, il Tulipano Nero: oltre al colore della pelle c’entra qui il classico fiore della nazione in cui è nato l’ex fuoriclasse del Milan, vale a dire l’Olanda; la folta chioma bionda ha contribuito al Re Leone con cui è stato ribattezzato Fernando Llorente; Rodrigo Palacio, calciatore dalla scarsa capigliatura, si è comunque fatto crescere una lunga treccia che gli è valsa il nomignolo di El Trenza; soprannome condiviso per due grandi attaccanti, l’ex Roy Makaay ed il fuoriclasse Luis Suarez: El Pistolero; a cavallo tra gli anni ’20 e gli anni ’30 ha incantato gli amanti del calcio l’austriaco Matthias Sindelar, chiamato Cartavelina per via dell’esilità che lo contraddistingueva; Pietro Vierchowod è lo Zar, ovvio riferimento alle origini russe del suo cognome; soprannomi di matrice economica per due grandi ex del Napoli: Hasse Jeppson divenne O Banco e Napule’ nell’estate del 1952, quando l’armatore Lauro spese 105 milioni di vecchie lire per il suo cartellino, mentre Beppe Savoldi fu invece il primo calciatore ad essere valutato due miliardi, al punto da meritarsi l’epiteto,appunto, di Mister Due Milardi; la dedizione al calcio e la nazione natia hanno trasformato Pavel Nedved nella Furia Ceca; la classe tutta slava che possedeva Dejan Savicevic gli procurò l’appellativo di Genio; pseudo somiglianze fisiche e tecniche con Batistuta hanno incomprensibilmente consentito a Joaquin Larrivey, ex attaccante del Cagliari, di fregiarsi del soprannome di El Bati; il numero enorme di goal sbagliati davanti alla porta sono il poco onorevole motivo per cui Eigidio Calloni diventò lo Sciagurato; qualcosa di simile per David Calamity James, calamità naturale quando era ora di bloccare il pallone prima che entrasse nella porta da lui difesa; i tifosi del Parma, in periodo di elezioni amministrative, invocarono come nuovo primo cittadino Marco Osio, da lì in poi diventato il Sindaco; in Inghilterra al Chelsea si innamorarono talmente tanto di Gianfranco Zola da chiamarlo Magic Box, la scatola magica; Franck Ribery, a causa della cicatrice che porta sul volto, è Scarface; ad ogni goal Lulu Oliveira dispiegava le braccia come fossero ali, così nacque la leggenda del Falco; la follia positiva e quotidiana di Gianfraco Zigoni rese inevitabile il soprannome di Cavallo Pazzo; la Farfalla Granata è stato il dolce e fantasioso Gigi Meroni, strappato troppo presto alla vita di tutti i giorni. Per chiudere, quattro straordinari fuoriclasse, di ieri e di oggi: Cristiano Ronaldo, anche per questioni di marketing, è CR7; l’altro Ronaldo, l’originale, per la netta superiorità rispetto al normale genere umano, è stato il Fenomeno; Zinedine Zidane è da tutti chiamato Zizou, semplice ed affettuoso diminuitivo; Michel Platini, il più grande di Francia, è per tutto, ancora oggi, Le Roi, il re.

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