Si chiude, finalmente, una stagione maledetta per la Reggina che sabato sera al Granillo ospiterà il Vicenza che dovrà disperatamente vincere per evitare la retrocessione diretta in Lega Pro e “conquistare” lo spareggio playout, dove affronterebbe una tra Empoli e Livorno. Per gli amaranto è una partita insignificante, che arriva dopo la trasferta di Sassuolo, una gara in cui il tecnico Breda ha confermato per l’ennesima volta i significativi limiti tecnici e tattici che ne hanno contraddistinto tutta la stagione. Pur ammirandolo dal punto di vista umano, infatti, non si può negare che proprio alcune scelte di Breda hanno fortemente condizionato (in negativo) la stagione della Reggina, che non è sbagliato considerare “fallimentare” in quanto con ben 3 giornate d’anticipo rispetto alla fine del campionato è arrivata la certezza matematica del non poter raggiungere i playoff, centrati lo scorso anno con una squadra meno esperta e titolata.
Infatti l’organico della Reggina di quest’anno non ha nulla da invidiare a quello di Pescara, Sassuolo, Verona e Varese che sono lassù, tra la serie A diretta (gli abruzzesi) e i playoff. Inferiore forse solo a Torino (che è arrivato al primo posto), Sampdoria (che ha conquistato in extremis l’ultimo posto buono per i playoff dopo una stagione tormentata) e al Padova, che è rimasto tagliato fuori dai primi sei posti come gli amaranto, Foti e Giacchetta avevano costruito la scorsa estate una “macchina” che, per come si era messo il campionato dopo le prime 10-12 partite, avrebbe potuto consentire alla Reggina di lottare fino alla fine per i primissimi posti, ma tante cose sono andate storte e così la stagione è finita male.
L’esonero di Breda ha ulteriormente complicato le cose, non tanto perchè fosse sbagliato pensare di dare una svolta in un momento estremamente difficile, quanto perchè l’uomo individuato come quello adatto a virare un percorso negativo, Gregucci, s’è dimostrato completamente non all’altezza della situazione.
Questa Reggina, con scelte tecniche più semplici, avrebbe potuto fare ben altro campionato: lo dimostrano, ad esempio, i risultati contro il Pescara, battuto sia al Granillo (4-2) che in trasferta (0-2), lo dimostra la vittoria 3-2 sul Varese sempre al Granillo, il pareggio casalingo con il Sassuolo, quello con la Sampdoria e anche le 4 sconfitte arrivate tutte di misura (1-0 sia all’andata che al ritorno) contro Torino e Verona, in partite estremamente equilibrate e sfortunate per la Reggina che avrebbe meritato almeno il pareggio, per come ha giocato, in tutte e 4 le occasioni. Insomma, gli amaranto non hanno demeritato con le squadre di vertice ma hanno perso punti preziosi con quelle della bassa classifica, segno evidente di una mentalità non certo vincente e di uno spogliatoio poco unito.
Che il reparto offensivo fosse molto più forte rispetto a quello della passata stagione, grazie agli innesti di Ceravolo e Ragusa e alla conferma in blocco di tutti i protagonisti dell’eccezionale stagione passata, è chiaro a tutti, anche perchè con 63 reti all’attivo la Reggina è sempre il miglior attacco della serie B, seconda solo al Pescara di Zeman. Anche il centrocampo è stato confermato in blocco; una conferma che ha un valore aggiuntivo per giocatori come N. Viola, Rizzo, De Rose, Barillà, Castiglia, tutti giovani che rispetto allo scorso anno hanno certamente maturato maggiore esperienza, oltre alle conferme dei veterani come Rizzato e Colombo.
In molti, infine, vedono nella difesa il punto debole della Reggina: guardando i numeri non c’è ombra di dubbio che il reparto difensivo sia stato deficitario per l’intera stagione, ma perchè è andata così male? La difesa di ferro della Reggina di Atzori non è stata certo stravolta, considerando che ha perso il solo Acerbi, ormai in quote Milan e Nazionale, e che l’ha visto sostituito da alternative di qualità come Emerson e Marino, che però non sono mai stati messi nelle condizioni di esprimersi al meglio, così come due/terzi della difesa di ferro di Atzori (Adejo e Cosenza) sono stati confermati ma hanno fatto fatica a trovare spazio.
Un discorso analogo possiamo farlo per il portiere: venendo meno l’esperienza di Puggioni, la società decide di puntare su Kovacksik che risponde iniziando alla grande, poi sbaglia qualcosa, viene messo da parte ma torna, salva la squadra, para due rigori nella stessa partita, ritrova convinzione nelle sue armi e, a quel punto, viene inspiegabilmente messo nuovamente da parte per un Marino che, domenica dopo domenica, subiva gol assolutamente evitabili.
Tutte scelte tecniche, legate all’allenatore, che ormai nel calcio moderno conta sempre di più.
Com’è possibile, infatti, che un “lusso” come quello di avere in organico Nicolas Viola, sia tenuto sempre in panchina o in tribuna? E com’è possibile che in fase di interdizione questa Reggina non abbia mai avuto una chiara gerarchia, come quella che Atzori aveva saputo dare lo scorso anno (Rizzo affianco a Viola, De Rose come catena di destra, Castiglia e Barillà eventuali sostituti)? Giusto o sbagliato che sia (Barillà spesso s’è fatto preferire a De Rose e Castiglia), Atzori aveva dettato precisi ordini gerarchici individuando 11 “titolarissimi” e i loro sostituti. Nè Breda nè Gregucci hanno saputo amalgamare il gruppo su simili decisioni, mostrandosi spesso indecisi e isterici nelle scelte settimanali. Un’indecisione che ha compromesso anche l’armonia dello stesso gruppo, che in più elementi ha visto il tecnico come un nemico piuttosto che una guida e un supporto.
Ma adesso è inutile piangere degli errori passati; l’importante è ripartire bene in vista della prossima stagione, con un campionato che si prospetta difficile e complicato. Lo Spezia, ad esempio, neopromosso dalla Lega Pro, si presenta subito come una delle possibili favorite alla promozione diretta, alla luce della grande ambizione (e disponibilità economica) del suo patron, Gabriele Volpi, petroliere dal business internazionale.
La scelta del nuovo tecnico è fondamentale per ripartire nel modo migliore possibile: Foti vorrebbe fortemente il ritorno di Atzori mentre il direttore sportivo Giacchetta punterebbe tutto su Dionigi. Al 99% sarà uno di loro due a guidare la Reggina nella prossima stagione, e la scelta arriverà nelle prossime settimane, probabilmente entro metà giugno. Una scelta fondamentale per ripartire bene, sognando il ritorno in serie A con quelle qualità che hanno sempre contraddistinto i successi amaranto nella storia: sacrificio, umiltà e fiducia, possibilmente ritrovando un ambiente positivo che aiuti la squadra ad avere nel Granillo un’arma in più grazie al calore del pubblico, venuto meno nelle ultime stagioni.