Lega Pro, che confusione sul ritorno a 60 squadre: missione (quasi) impossibile. Il ruolo della FIGC e gli scenari futuri

Lega Pro subito nel caos dopo l'insediamento del nuovo Presidente Gabriele Gravina che annuncia il ritorno a 60 club nonostante le riforme già avviate dalla FIGC vadano in direzione opposta
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Saranno 4 mesi caldissimi per la Lega Pro: mentre sul campo si decideranno le sorti di tre gironi fino ad ora estremamente avvincenti, nelle stanze del potere si prenderanno decisioni che in un modo o nell’altro potranno inficiare o sconvolgere il risultato determinato dai match sul terreno di gioco. Il neo presidente della Lega Pro, Gabriele Gravina, insediatosi poche ore fa negli uffici di Firenze, ha ribadito più volte di volere a tutti i costi il ritorno a 60 squadre con tre gironi da 20 già nella prossima stagione.

Una prospettiva non condivisa dalla Federazione che già lo scorso anno aveva avviato un processo di riforme per la riduzione dei club del calcio professionistico e, sfruttando la “selezione naturale” dei club che non riuscivano ad iscriversi per difficoltà economiche, già quest’anno aveva iniziato in anticipo rispetto al previsto con la riduzione alle attuali 54 squadre (tre gironi da 18), da scremare ulteriormente nei prossimi anni.

Adesso l’elezione di Gravina e il cambio di rotta della Lega Pro (la cui governance lo scorso anno aveva condiviso la scelta di ridurre le squadre con la FIGC), che però non può decidere in autonomia il format del torneo. Le regole generali sui campionati, infatti, possono essere decise solo ed esclusivamente dal Consiglio federale della FIGC e non dalle leghe, a meno che non si parli di variazione del format per cui va interessata anche la lega di competenza. Nel frattempo però ci sono state delle decisioni del Collegio di garanzia del Coni che da un lato hanno stabilito che il blocco dei ripescaggi sarebbe da rivedere, mentre è ammessa la quota da versare a fondo perduto per valutare la solvibilità delle società.

La strada per il ritorno a 60 club, quindi, è tutta in salita e zeppa di insidie: in una categoria che non fornisce entrate o garanzie particolari, sono sempre di più le società ad avere difficoltà anche soltanto in fase di iscrizione. Come si potrà arrivare a 60 squadre se bisognerebbe ripescarne una decina, ed è molto difficile che a giugno ci siano 10 società con la disponibilità di 500 mila euro cash da versare a fondo perduto per ottenere il ripescaggio? L’ipotesi, paventata nei giorni scorsi, di annullare i playout per salvare 6 società da questi campionati e recuperare così le sei mancanti, inficerebbe la regolarità dei campionati rendendoli tra l’altro privi di qualsiasi interesse sportivo per tutti quei club (e saranno tantissimi) che ad un certo punto del girone di ritorno, saranno tagliati fuori dalla corsa alla promozione in B ma non avranno grandi stimoli perché non rischieranno neanche la retrocessione in D.

E cosa succederà, inoltre, se tra i 54 club che sul campo conquisteranno il diritto di partecipare alla prossima Lega Pro, ci saranno (com’è verosimile) altri club che non riusciranno ad iscriversi al prossimo campionato? L’anno scorso, oltre al Parma che non s’è iscritto alla serie B, in Lega Pro non ce l’hanno fatta in 8Varese, Venezia, Reggina, Monza, Grosseto, Barletta, Real Vicenza e persino il Castiglione neopromosso dalla serie D. Due anni fa, oltre al Siena che non s’è iscritto alla serie B, in Lega Pro non ce la facevano in 3: Padova, Viareggio e Nocerina. Difficile immaginare che quest’anno possa filare tutto liscio e che tutte le società riusciranno a regolarizzare l’iscrizione.

Insomma, l’idea di Gravina per un ritorno a 60 squadre è costellata di difficoltà amministrative, burocratiche, economiche e anche di buon senso. Perché forzare un numero di società esagerato rispetto alla natura del calcio professionistico, che richiede determinati standard a cui oggi molte società non possono adattarsi? Quanto accaduto lo scorso anno a club come Parma e Savoia, falliti a metà stagione con i campionati in corso, non è bastato per capire quant’è importante la riduzione degli organici dei campionati professionistici, non solo della Lega Pro ma quantomeno anche della serie B, limitando così illeciti ed episodi che vadano a compromettere l’immagine del mondo del calcio? Probabilmente, più che tornare a 60, i 54 club attuali andrebbero ridotti ulteriormente. Quella del ritorno a 60 squadre in Lega Pro sembra una missione impossibile. Per fortuna.

Gravina e Tavecchio ne parleranno faccia a faccia in un incontro tra FIGC e Lega Pro, perché a prescindere da tutto nessuna Lega può pensare anche solo lontanamente di assumere simili decisioni strutturali senza coinvolgere la Federazione e condividere le scelte con il Consiglio federale, unico organo in grado di stabilire le regole dei campionati. Con buona pace di chi vuole scoprire oceani ma non può perdere di vista la spiaggia.