L’ex arbitro Massimo De Santis, intervistato dai colleghi del “Corriere dello Sport”, è tornato a parlare di Calciopoli a 10 anni di distanza dall’esplosione di tutto. Uno dei più grandi scandali che ha colpito il calcio ha inevitabilmente rovinato il finale di carriera del fischietto che sarebbe dovuto andare ai Mondiali del 2006 come nostro rappresentante italiano:
«Torno a casa da Juve-Palermo (7 maggio, ndr), avevano mandato me perché già avevamo letto i dialoghi fra Moggi e uno dei nostri ex designatori, Pairetto. Il giovedì precedente, a Coverciano, si era posto il problema, io ero quello che doveva andare ai Mondiali, per questo l’allora disegnatore, Mattei, scelse me. Davanti la tv, alla Domenica sportiva, cominciarono i primi dibattiti, pensavo però fosse più una cosa mediatica. E non avrei immaginato di vedere i Carabinieri a Coverciano. Ci radunarono tutti in aula magna, quella dove si facevano i sorteggi, e ci chiamarono, a uno a uno, per consegnarci l’avviso di garanzia. Lavorando a contatto con i magistrati al Ministero di Grazia e Giustizia come commissario di polizia penitenziaria, capii subito che non c’era sostanza in quella storia. Avevo visto gli arbitri, soprattutto i più giovani, disorientati, anche quelli che non erano coinvolti. Non si sapevano i confini. Io, invece, non avevo paura, ero solo arrabbiato, molto. Quale arbitro che aveva preso un avviso di garanzia sarebbe andato al Mondiale? Avevo capito che avevo finito».
De Santis alla domanda su cosa abbia insegnato Calciopoli risponde così: «Nulla. Perché il calcio aveva allora e conserva oggi dei lati oscuri. Ma non c’entrano arbitri e partite, anche se ad ogni errore di un arbitro, ancora adesso, si teorizzano chissà quali manovre. Il vero problema è nei conti, nelle questioni economiche, nelle plusvalenze che stanno rovinando tutto. La nostra serie A, paragonata a quella del pre-Calciopoli, è poca cosa. Anche da un punto di vista arbitrale. Prima, per collezionare 100 gare in serie A, dovevi sudare sei, sette, otto anni. Adesso, in quattro anni sei a posto: anche se sbagli, la domenica dopo arbitri».
«La verità è che Calciopoli è nata per colpire Moggi e Giraudo, e se non si fossero dimessi magari avremmo visto un’altra storia. Gli arbitri servivano da puntello a quel disegno. Io ero l’arbitro che i bianconeri non volevano, lo dice lo stesso Moggi nelle telefonate intercettate».
Infine l’ex arbitro racconta cosa gli ha lasciato in eredità lo scandalo del 2006: «Un’esperienza. Le accuse che ci rivolsero non erano di grande conto, ma penso a chi viene accusato di droga, omicidi, ed invece non c’entra nulla. E poi tanti volti e persone amiche, come il mio compagno di viaggio, l’avvocato Paolo Gallinelli, sempre al mio fianco».