Italia-Germania, fotogrammi dal passato: la storia è tinta d’azzurro, quei precedenti che ci fanno sognare

CalcioWeb

Sabato sera l’Italia si giocherà i quarti di finale di Euro2016 contro la Germania. Una sfida assai tosta per gli azzurri, che non partono certo con i favori del pronostico. Ma la storia ci racconta che spesso la nostra Nazionale ha avuto appiccicato addosso lo status di sfavorita, salvo poi sorprendere sul campo da gioco. Del resto, i precedenti tra le due squadre parlano assai chiaro: trentatré i match giocati, otto vinti dai tedeschi, quindici dai nostri ragazzi, dieci quelli finiti in parità. Insomma, l’Italia ha concluso vincendo quasi il doppio delle sfide, amichevoli comprese. Ma il dato è ancora più confortante se ci limitiamo ai soli incontri ufficiali: l’Italia ha affrontato i teutonici in otto occasioni, vincendo quattro partite e pareggiandone altrettante. Nessuna sconfitta in registro.

I successi in questione li ricordiamo praticamente tutti, anche con un certo trasporto emozionale. Il primo risale al Mondiale del 1970, quando oggetto della sfida fu la semifinale della competizione: quella del leggendario 4-3, con il calcio che sconfinò nel mito, sotto l’insegna di ‘partita del secolo‘. Battono forti i cuori anche di chi, in quegli anni, ancora non era nato o si limitava ad emettere i primi vagiti. Impossibile ometterne l’andamento: gli azzurri andarono in vantaggio all’8’ con Boninsegna, venendo raggiunti solo dopo il 90′, dal goal di Schnellinger. Il tedesco, che passò anche dal Milan, segnò in quel momento il suo unico goal in nazionale, che arrivò due minuti e mezzo oltre il tempo regolamentare: in quegli anni era inusuale concedere del recupero e questo fece arrabbiare parecchio il popolo azzurro. Ma la gioia fu solo rimandata, sarebbe arrivata dopo la fine dei supplementari più rocamboleschi che la storia del calcio, probabilmente, ricordi: al 94′ timbrò il cartellino Gerd Muller, al 98′ il pari di Burgnich, poi azzurri ancora avanti con Riva al 104′, quindi terzo punto tedesco siglato ancora da Muller al 110′, prima del match point firmato da Rivera al 111′. Una gioia mista allo sfinimento per gli azzurri, il sapore della vittoria nel senso più naturale del termine, la consapevolezza di aver scritto una pagina indelebile di calcio: a spiegarlo, nel dettaglio, la targa commemorativa che ancora è ben fissa al di fuori dello Stadio che ospitò simile duello, l’Azteca di Città del Messico. Nomi che, ancora oggi, fanno correre dei brividi lungo la schiena.

Poi venne la meravigliosa vittoria nella finale del Mondiale di Spagna 1982: i ragazzi di Bearzot, contro ogni pronostico e tra mille polemiche, si issarono sul tetto del mondo infliggendo un sonoro 3-1 ai rivali. Una partita, quella, senza storia per quel che si è visto sul campo da gioco ma che sui libri di storia, di contro, ci è finita: prima il tris azzurro, firmato da Rossi, Tardelli ed Altobelli, poi il goal della bandiera rivale di Breitner. Due i fotogrammi più indelebili che riguardano quella magica notte ,svoltasi nella cornice del Santiago Bernabeu: l’urlo sfrenato di ‘Schizzo’ Tardelli dopo il secondo goal e la contemporanea esultanza del Presidente della Repubblica, il compianto Sandro Pertini, accompagnata dalla epica frase “non ci prendono più“. Fu una vittoria stupenda che, qualche mese dopo, avrebbe portato Paolo Rossi, centravanti portato da Bearzot in Spagna contro il volere di tutti, a vincere il Pallone d’Oro, anche in virtù del titolo di capocannoniere conquistato al Mondiale con 6 reti all’attivo. Rossi, prima di partire per la spedizione, aveva da poco concluso una lunga squalifica per calcioscommesse. Il campo mise tutti d’accordo, Paolo divenne Pablito.

Viene poi l’altrettanto straordinario successo arrivato nella semifinale del Mondiale 2006, organizzato proprio in Germania e cominciato dagli azzurri di Lippi in mezzo ad un’atmosfera simile a quella di ventiquattro anni addietro, che abbiamo sopra raccontato. Poco prima dell’inizio della rassegna era scoppiato lo scandalo di Calciopoli, che indusse il popolo italiano a dividersi in due: visto il coinvolgimento diretto della Juventus, non furono pochi coloro i quali chiesero la testa del Ct Lippi e dei calciatori Cannavaro, Zambrotta, Camoranesi e Del Piero, le cui colpe erano inquadrate, da taluni, nel passato e nel presente in bianconero. In semifinale l’Italia incontrò i padroni di casa, nella magica notte di Dortmund. I tempi regolamentari si conclusero sullo 0-0, si andò quindi ai supplementari: quando tutto lasciava presagire ai calci di rigori, i goal di Grosso al 119′ e Del Piero al 121′ fissarono il risultato sul 2-0, mandando l’Italia a giocarsi la finale di Berlino contro la Francia, che avrebbero poi vinto, quella volta sì ai rigori. Contro i tedeschi fu un match epico, dalle mille tensioni: l’urlo incredulo e quasi tra le lacrime di Fabio Grosso dopo la rete segnata, l’anticipo di petto con cui Fabio Cannavaro, salendo quasi un cielo come un’antica dinività, diede il via al goal di Del Piero, la gioia di Fabio Caressa e Beppe Bergomi, commentatori ‘Sky’, all’univoco motto di “andiamo a Berlino“, sono i tatuaggi più indelebili che testimoniano quella serata.

Infine, abbiamo il precedente ufficiale più recente, quello relativo a quasi quattro anni fa esatti, all’Europeo organizzato da Polonia ed Ucraina: il 28 giugno del 2012 l’Italia di Cesare Prandelli ebbe la meglio, a Varsavia, sulla Germania. Il tabellino finale ci raccontò del 2-1 per gli azzurri: nel primo tempo Balotelli segnò una doppietta, a fronte alla quale i tedeschi segnarono solamente al 92′, su rigore, con Ozil. Quella volta ci illudemmo tutti che Balotelli fosse davvero Supermario, che avrebbe finalmente mantenuto le attese, che sarebbe stato il nostro fuoriclasse per tanti anni ancora. Fu un lampo nel buio ma, in quella competizione, nonostante la finale persa in maniera eclatante contro la Spagna, col risultato di 4-0, l’attaccante di colore fu davvero un valore aggiunto per gli azzurri. Poi, la bellissima storia, non avrebbe avuto un seguito. Purtroppo. Adesso a guidare l’attacco c’è Graziano Pellè, un ragazzo di 30 anni che non ha nemmeno la metà del talento di Balotelli ma che, al contrario di Mario, ha avuto quella che in gergo viene chiamata ‘testa’: spirito di sacrificio, capacità di abnegazione, voglia di arrivare. Nei piedi e nella testa di Pellè e dei suoi compagni è scritto il futuro della prossima Italia-Germania: l’appuntamento è per sabato sera alle h:21,00, teatro sarà il ‘Nouveau Stade de Bordeaux’. L’ultima partita in assoluto, tra le due controparti, risale al marzo scorso e non ci fa sorridere: la Germania di Low vinse per 4-1 un’amichevole che ci gettò nello sconforto. Il clima è adesso un po’ diverso, è tempo, però, di far pesare la nostra storia, come sempre fatto nei match ufficiali, quelli che pesano, quelli che contanto. Nella speranza che la storia, ancora una volta, possiamo scriverla noi.