L’eliminazione del Napoli dalla Coppa Italia ha scatenato i soliti sciacalli radical-chic contro il maestro Sarri: “è inadeguato“, “è la rovina del Napoli“, “è un perdente“, “è tutta colpa sua“. Il delirio della follia, l’emblema dell’ignoranza e dell’ottusità applicate al calcio. Che Sarri non piaccia ai fanatici dell’apparenza è risaputo, ma con la cultura del lavoro il tecnico-banchiere che s’è fatto da solo e ha conquistato gloria e fama dopo una lunga e faticosa gavetta, è riuscito sempre a dimostrare con i fatti di essere un valore aggiunto eccezionale. Perché, non dimentichiamolo mai, questo Napoli senza Sarri lotterebbe al massimo per un quinto/sesto posto che vale l’Europa League, e la Champions League la vedrebbe col binocolo.
Certo, anche De Laurentiis ha i suoi meriti: ma allenatore e presidente non sono uno contro l’altro. Vanno entrambi elogiati, anche nel giorno della sconfitta (una delle poche degli ultimi anni). Il proprietario del club ha portato questa squadra in una dimensione che non le era mai appartenuta nella storia. Basti ricordare che la squadra di Maradona, vincitrice dello scudetto nel 1987 e nel 1990, non ha mai vinto una Coppa Italia e non ha mai superato gli Ottavi di Finale di Champions League.
Il Napoli di De Laurentiis invece di Coppa Italia ne ha già vinte due (2012 e 2014), e anche in Champions League ha bissato il precedente record storico raggiungendo due volte gli Ottavi di Finale (2012 e 2017), per giunta sempre eliminato dalla squadra che poi avrebbe vinto la coppa dalle grandi orecchie (il Chelsea nel 2012, il Real Madrid nel 2017). Tutto questo senza Maradona, senza Careca, senza Ciro Ferrara e gli altri campioni di quella squadra storica come Bagni e Giordano. Con tutto il rispetto per Hysaj, Allan e Jorginho, tanto per citare alcuni dei titolarissimi della squadra di Sarri.
Oggi è una società che non può competere con le altre big del nostro calcio: già di per sè ha una storia meno autorevole e prestigiosa non solo rispetto a Juve, Milan e Inter, ma anche di Roma, Lazio, Fiorentina, Torino, Bologna, Sampdoria. Non ha ancora uno stadio di proprietà, e quindi tutti i relativi benefit. Non ha budget paragonabili a quelli degli altri top-club. E viene dal fallimento di dodici anni fa. Undici anni fa era in serie C, dieci anni fa era in serie B, appena otto anni fa lottava con Reggina, Catania, Lecce e Siena per ottenere la salvezza. Passo dopo passo, De Laurentiis ha portato il Napoli lassù dove non era mai stato così a lungo, così stabilmente. E il salto di qualità è legato fondamentalmente a due uomini, simili per storia e caratteristiche: prima Walter Mazzarri, adesso Maurizio Sarri.
Così il Napoli da 7 anni conclude il campionato sempre tra le prime cinque, conquistando la qualificazione alle competizioni europee per sette stagiono consecutive. Non era mai successo nella storia. Due secondi posti, tre terzi posti e due quinti posti negli ultimi sette anni in serie A, esclusa la stagione in corso che potrebbe significare scudetto. Già: scudetto. Nonostante la palese inferiorità economica, strutturale e tecnica di società, organico e rosa. Il valore aggiunto è proprio Sarri, artefice di questo miracolo.
Potremmo chiamarlo il Leicester d’Italia. Dovrebbe raccogliere soltanto apprezzamenti e simpatie. Invece Sarri è burbero, si presenta in TV con la barba incolta, si veste con la tuta. E quindi l’Italia radical-chic per cui conta solo l’apparenza continua a remargli contro. Dice che si gioca troppo, ed è un “perdente che cerca scuse“. Poi le stesse parole arrivano da Pep Guardiola, l’esaltazione dell’apparenza, il profeta del nulla che è stato piazzato dall’alto ed è riuscito a vincere sempre e solo con i calciatori migliori del mondo, e tutti a inchinarsi al verbo. Ma che ci volete fare, Guardiola veste elegante, va in panchina in giacca e cravatta, è figo.
La realtà è un’altra: il Napoli è una piccola che Sarri sta facendo brillare con la cultura del lavoro, del sacrificio, del merito. E l’eliminazione in Coppa Italia non è un problema: questa squadra si sta giocando lo scudetto e ben venga se potrà concentrarsi soltanto sul Campionato. Anche Roma e Inter, che hanno un organico di gran lunga superiore, sono già finite fuori dalla Coppa Italia, e l’Inter ha rischiato l’eliminazione col Pordenone. La squadra di Spalletti, di ben altra caratura sotto tutti i profili (organico, rosa, budget, ingaggi, strutture, storia) rispetto al Napoli, è andata in crisi non appena ha dovuto affrontare partite ravvicinate di campionato e coppa, perdendo la bussola e subendo sberle clamorose da chiunque nell’ultimo mese.
Lo stesso Sarri non ne fa mistero dall’inizio della Champions: “forse i miei ragazzi, anche inconsciamente, in campionato hanno un approccio diverso rispetto alle Coppe“. E lo ripete dopo ogni partita, di Champions e di Coppa Italia. Dopo che schiera le riserve. Ci vuole molto a capire che è quello il vero, unico, grande obiettivo di questa squadra? Una squadra umile e consapevole di essere inferiore, ma anche di potersela giocare con le proprie qualità marchiate appunto Maestro Sarri. E’ un miracolo, proprio come quello del Leicester che però fu molto più casuale e legato all’ingegno tattico di Ranieri e alla concomitante stagione sabbatica di tutte le altre big inglesi. Il Napoli, invece, vince e incanta con una mentalità europea, con un calcio moderno e propositivo, e ha come obiettivo quel campionato che sarebbe un’impresa storica. La vittoria di Davide contro Golia.
Non è costretto a vincere il Napoli. Non è la squadra più forte, non è la favorita. Ma è la più bella e quella che pratica il calcio migliore. E ieri nella sconfitta di Coppa Italia con l’Atalanta, Sarri ha fatto un maxi-turnover schierando soltanto 4 titolari, di cui appena due nel loro ruolo ordinario. E ha comunque dominato per 50 minuti contro una signora squadra, forte e più motivata. Stamattina li leggiamo, li leggete tutti i commenti accusatori sui giornali prezzolati: “doveva mettere i titolari, è tutta colpa sua“. Ma come, per mesi l’avete massacrato perché non faceva turnover e non dava spazio alle “valide alternative“? Insomma, qualsiasi cosa fa, Sarri sbaglia a prescindere.
Invece anche il k.o. con l’Atalanta può tornare utile: i titolarissimi hanno rifiatato, le riserve hanno ottenuto un buon minutaggio e racimolato esperienza che sarà utilissima nel prosieguo della stagione. Una stagione già di per se’ straordinaria per una Cenerentola che sta regalando all’Italia intera un campionato avvincente evitando la solita monotona e noiosa cavalcata di una Juventus sempre più forte e sempre più brutta, ma con un organico fatto da due decine di top player internazionali. Uno strapotere che soltanto Sarri sta riuscendo a mascherare in campo e in classifica. E’ merito suo se la serie A è rimasta l’unico campionato ancora vivo in Europa mentre Liga, Premier, Bundesliga e Ligue 1 non hanno già più alcun senso. Ma per i radical-chic questo non conta. D’altronde lo sciacallo nasce sciacallo e muore sciacallo…