Sembrava quasi che stesse svanendo ogni speranza, eppure lo stadio della Roma si farà, nonostante un caos totale creato attorno al progetto. E’ incredibile come in Italia qualcosa di normalissimo altrove come la costruzione di uno stadio, diventi una corsa ad ostacoli. Addirittura il sindaco di Roma, Virginia Raggi, ha definito un sogno quello giallorosso. Ma come, ma quale sogno? Uno stadio non è un sogno, è la normalità in ogni paese “sviluppato”, non è affatto un sogno. “Il sogno dello stadio a Tor di Valle si avvicina. Ieri abbiamo fatto un ulteriore passo in avanti per dotare Roma di #unostadiofattobene e di tutte le infrastrutture necessarie a migliorare quel quadrante della città. Abbiamo approvato la delibera relativa al progetto definitivo per la realizzazione del Ponte dei Congressi. Una variante urbanistica che ora andrà in Assemblea capitolina. Sarà realizzato un sistema infrastrutturale ad anello che utilizza in direzione Roma il nuovo ponte e in direzione Fiumicino il ponte esistente della Magliana, organizzato in quattro corsie a senso unico di marcia. Miglioreremo così la viabilità in quella zona evitando che si creino code e rallentamenti soprattutto nei giorni in cui si giocheranno le partite. Insomma uno stadio fatto bene, moderno ed ecosostenibile”.
Questo il messaggio scritto su Facebook dalla Raggi. Un messaggio che lascia quantomeno perplessi per il significato simbolico che dà. Il sindaco vuole quasi vantarsi per la realizzazione di questo che lei chiama “sogno”, ma in realtà si tratta di uno stadio come se ne costruiscono a centinaia in giro per il mondo. La Raggi così facendo continua a sminuire Roma (come fatto con le Olimpiadi), mostrando al mondo come sia un’impresa che lascia quasi increduli quella di costruire uno stadio. Il mondo ci ride dietro, di questi “sogni” in Inghilterra se ne avverano continuamente. Solo nella nostra povera Italia tutto ciò diventa un evento quasi incredibile. La Raggi invece di vantarsi dovrebbe quasi scusarsi con la popolazione per un iter burocratico diventato un’Odissea.