Un bidone è per sempre: Digao, fratello d’arte

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La storia del calcio è costellata da figli d’arte più o meno all’altezza dei padri e da fratelli d’arte che spesso hanno deluso le aspettative, avvalorando le tesi di chi li considerava dei semplici raccomandati. Il fratello di Diego Armando Maradona, Hugo, fu uno dei precursori in tal senso: Diego era già un re e il Napoli, per accontentare i capricci del Pibe, prese il fratello minore – in tutti i sensi – e lo parcheggiò in prestito all’Ascoli. Uno dei casi più recenti è quello dei fratelli Donnarumma, entrambi al Milan. Due estati fa, per convincere Gigio a rimanere a Milano, i dirigenti rossoneri presero il fratello Antonio – esperienze sporadiche tra B, C e Grecia – per fargli da secondo.

Non una novità in casa rossonera: anche Digao, fratello di Kakà, arrivò a Milanello così. Il trequartista brasiliano aveva richieste da mezza Europa e il club, per ingraziarsi il padre procuratore, lo convinse a firmare il rinnovo prendendo il fratello difensore. Vicino a Kakà soltanto per la somiglianza, Digao era un difensore macchinoso, lento e grezzo tecnicamente. Al suo arrivo in Italia fu spedito in prestito al Rimini, in serie B; tornato al Milan, Ancelotti lo tenne (ragionevolmente) ai margini della rosa, soprattutto dopo averlo visto all’opera contro il Catania in coppa Italia, match dove ne combinò di tutti i colori. Le successive esperienze in Belgio allo Standard e poi a Lecce e Crotone ne rimarcarono l’inadeguatezza ad alti livelli. Dopo appena 45 presenze tra i professionisti, a 27 anni un infortunio l’ha costretto al ritiro anticipato.

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