Ultime ore caldissime che riguardano il calcio Foggia, si confermano gli ultimi mesi difficilissimi per il club che al momento è impegnato nel campionato di Serie B. In totale sono 30 le persone arrestate da polizia e carabinieri nel blitz antimafia in Puglia contro la “Società Foggiana”, l’accusa è quella di associazione di stampo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco e tentato omicidio. L’operazione è stata chiamata “Decima azione”, l’indagine ha documentato la contrapposizione tra le due “batterie” mafiose egemoni sul territorio, da una parte quella dei Sinesi-Francavilla e dall’altra quella dei Moretti-Pellegrino-Lanza, l’esistenza della “Società Foggiana” è stata sancita nel processo “Corona”, concluso dalla Corte di Cassazione con sentenza definitiva nel 2016 nella quale è stato accertato il reato di organizzazione mafiosa.
In particolare la causa del nuovo conflitto sarebbe da individuare nelle ricerca della leadership all’interno della Società Foggiana che trova il suo inizio nel settembre 2015, quando viene ferito Mario Piscopia (convivente della figlia di Rocco Moretti). Subito dopo questo grave fatto di sangue, avviene il tentato omicidio di Bruno Vito Lanza. Il gruppo ha operato in numerosi settori illeciti attraverso estorsioni, realizzate a tappeto nei confronti di tutti gli operatori economici operanti a Foggia: dalle agenzie funebri ai gestori di slot machine, passando per gli esercizi commerciali e gli imprenditori edili, tentativo di condizionamento anche della società calcistica del Foggia, all’epoca militante nel campionato di Lega Pro. Nel dettaglio in alcune intercettazioni telefoniche è emerso che, i membri della Società Foggiana hanno imposto alla società sportiva Foggia Calcio la stipulazione di contratti di ingaggio nei confronti di persone vicine all’associazione mafiosa, pur non disponendo di qualità sportive significative. Avrebbero esercitato pressioni sull’ex allenatore Roberto De Zerbi (oggi al Sassuolo), sull’ex direttore sportivo Giuseppe Di Bari e sul figlio del patron del Foggia Sannella per l’ingaggio di un calciatore in Lega Pro, Luca Pompilio, tesserato a gennaio del 2016 e poi girato in prestito al Melfi e del giovane della Berretti Antonio Bruno. L’attività estorsiva riguardava tutte le sale scommesse, anche quelle gestite da familiari e parenti (“perché non ce ne frega niente … il giro delle macchinette quelli noi li dividiamo ogni tre mesi”) e i costruttori edili (“devono pagare: ho detto se non stai vendendo, tu neanche costruisci. Comunque ho detto a noi non ce ne frega niente?ci devono pagare tutti quanti, tutti i costruttori”). Aggiunge ancora il Gip, che “L’attività d’indagine, altresì, ha evidenziato lo stato di omertà assoluta lo si rileva anche dal dato numerico delle denunce, che dimostra chiaramente un limitatissimo apporto all’accertamento di reati commessi in danno di cittadini, imprenditori, operatori commerciali, rispetto alla elevatissima percentuale di ipotesi che vengono colte durante le attività tecniche e investigative in corso. Che questi fatti-reato non siano denunciati è un’ulteriore conferma della totale soggezione di larghe fasce della popolazione, indotte a subire silenziosamente i torti e le angherie poste in essere da coloro che agiscono evocando l’appartenenza a questo determinato contesto criminale: la Società foggiana”.