Corsa Champions League, Arrigo Sacchi: “l’Atalanta merita la qualificazione, il problema dell’Inter parte dal club”

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Corsa Champions League – Ultimi 90 minuti prima della fine del campionato di Serie A e corsa Champions League ancora tutta da decidere, tutto è nelle mani di Atalanta ed Inter che con tre punti all’ultima giornata sarebbero certe della qualificazione. «Questa incertezza ha una spiegazione – esordisce Arrigo Sacchi in un’intervista a ‘La Gazzetta dello Sport -. Le squadre, quasi tutte le squadre, anche quelle che a questo punto del campionato non hanno più obiettivi da rincorrere, affrontano le sfide con dignità e con professionalità: s’impegnano, faticano, non regalano nulla all’avversario. Guardate il Sassuolo contro la Roma o il Napoli contro l’Inter. Ecco il modo corretto d’interpretare il calcio».

Tra Atalanta, Inter, Milan e Roma chi va in Champions?

«Non sono mica un mago!».

Però di calcio se ne intende.

«D’accordo, però non è semplice anticipare i verdetti. Comunque una cosa la dico subito».

Prego.

«L’Atalanta è quella che merita più di tutte di andare in Champions».

Perché?

«Delle quattro è la società che ha speso meno, è quella che ha la rosa più ridotta, eppure è quella che gioca meglio. Siccome ho sempre pensato che deve vincere chi merita, sostengo che l’Atalanta deve prendersi un posto in Champions».

Che cosa le piace della squadra di Gasperini?

«Fa un calcio in cui si vede la mano dell’allenatore, in cui si vedono le idee. I ragazzi hanno coraggio, e sanno uscire con brillantezza dalle situazioni di difficoltà. In Italia sono gli unici a praticare il “sistema puro”, uomo contro uomo: ciò significa che hanno fiducia nei loro mezzi. Non esagero se dico che questo è un gruppo di eroi: ci sono giocatori, e penso ad esempio a Ilicic, che in altre piazze non hanno reso come a Bergamo. Bravo, Gasp».

Domenica c’è la partita contro il Sassuolo: facile?

«Per nulla. Il Sassuolo ha dimostrato contro la Roma che non è ancora andato in vacanza e poi l’Atalanta è arrivata in riserva in questo finale di stagione».

Dunque vince, perde o pareggia?

«Mai azzeccato un tredici alla schedina, però aggiungo che sarà una gara rognosa. Mi auguro che non ci siano altri condizionamenti».

Che cosa intende?

«Viviamo in un Paese nel quale la correttezza non è al vertice, spero che gli arbitri non si facciano condizionare: le regole devono essere uguali per tutti».

Ha qualche sospetto?

«No, il mio è soltanto un discorso preventivo. Ma sa, gli italiani se incontrano un direttore di banca si tolgono il cappello e riveriscono, e quando invece incrociano lo sguardo dell’usciere neanche gli rivolgono la parola. Siamo fatti così, mi sono spiegato?».

Veniamo all’Inter. La batosta di Napoli ha riaperto ferite che sembravano rimarginate.

«Il problema parte dal club. Quando non c’è la società, l’allenatore fa fatica. Lo sa che la conflittualità in ambito lavorativo è la principale causa di stress? Mi pare che l’Inter non sia un ambientino tranquillo, no? Per questo, secondo me, non si possono dare le colpe di questa situazione soltanto a Spalletti. Le radici del problema sono altrove».

Contro l’Empoli scontro da brividi.

Marco Bucco/LaPresse

«L’Empoli è delle squadre che giocano il miglior calcio in Italia. E’ un gruppo di ragazzini semisconosciuti che sta seguendo in tutto e per tutto il suo maestro Andreazzoli. L’incognita è facile da individuare: avranno, questi giovani, la personalità per reggere una sfida su un palcoscenico come quello di San Siro? Io ricordo che l’Empoli di Sarri impose il possesso-palla al Milan, e giocava in casa dei rossoneri».

E domenica che succede?

«La partita mi sembra aperta. Se consideriamo i valori individuali no, non ci sarebbe gara, ma il calcio è fatto di idee, di lavoro, di serietà. Di certo l’Empoli non dovrà andare a San Siro per difendersi, sennò perde prima ancora di cominciare».

Restano altre due candidate: Milan e Roma.

«Il destino non dipende da loro, ma anche dai risultati delle altre. Comunque il Milan, del quale faccio sempre fatica a parlare perché voglio troppo bene a Gattuso, a Maldini, a Leonardo, può farcela contro la Spal che ha già fatto il suo capolavoro conquistando la salvezza».

Lei confermerebbe Gattuso?

«Ha fatto un buon lavoro in un ambiente che era in completa ricostruzione. A gennaio sono stati inseriti due elementi nuovi come Piatek e Paquetà e non sono mai semplici queste operazioni di innesto. E poi dico dipende dal club: fosse per me, vorrei sempre vedere il Milan in cima al mondo, esempio per tutto il calcio italiano».

E la Roma?

«Gioca all’Olimpico contro il Parma, al quale vanno i miei complimenti per la salvezza: un vero miracolo sportivo. Però i giallorossi, se anche vincessero, dovrebbero incrociare le dita e sperare in una serie pazzesca di risultati per conquistare la Champions».

Comunque è un bel finale di campionato, non crede?

«Bellissimo, combattuto. Mi sembra che ci sia una sorta di livellamento. Vi chiedo: verso l’alto o verso il basso?».

Il salto di qualità che manca?

«Capire che devi vincere con merito. Io, mentre andavo a ritirare la medaglia d’argento, a Pasadena, dopo la finale mondiale persa ai rigori contro il Brasile, ero combattuto. Il mio Io era deluso per la sconfitta, il mio Super-Io mi diceva che era giusto, che la mia squadra aveva dato tutto e che avevano vinto quelli che nell’arco del torneo si erano mostrati più bravi. Per fortuna, in me, ha trionfato il Super-Io».

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