Milan, Federico presenta Marco: il fratello di Giampaolo sulla nuova esperienza in rossonero

Il Milan ha deciso di puntare su Giampaolo, le parole del fratello del nuovo allenatore rossonero

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Il Milan ha deciso di ripartite da Marco Giampaolo, è l’ormai ex Sampdoria il sostituto di Gennaro Gattuso con l’intenzione di riportare il club rossonero in Champions League dopo la mancata qualificazione della scorsa stagione. I rossoneri sono in mani sicure almeno secondo quanto riporta il fratello Federico in un’intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’.

Suo fratello è da Milan?

«Non scherziamo, merita di andare in una grande squadra dopo l’ottimo lavoro fatto alla Sampdoria. Anzi, posso dire una cosa?».

Prego.

«C’è arrivato tardi, in una grande squadra, perché è cresciuto in modo graduale. Allenatori meno esperti e preparati di lui hanno già fatto il salto di qualità».

Si dice che non cambi mai modo di giocare.

«Punta molto sul 4-3-1-2, questo è vero, ma non è un integralista, sa quando c’è da cambiare. Ma più che il modulo, contano soprattutto l’atteggiamento, la testa, la volontà di fare un calcio sempre propositivo e di qualità».

Il Milan ha scelto bene.

«Certo, ma attenzione: Marco ha un’idea di gioco forte e ben definita, la squadra deve avere tempo per capirla e svilupparla nel modo migliore. Non bisogna avere fretta».

Cosa ha imparato dal fratello maggiore?

«Moltissimo, qualche volta andavo a seguire gli allenamenti della Samp e cercavo di assorbire tutto. Ero una spugna: sarei un folle se non sfruttassi i consigli di Marco. Ma ognuno ha un suo metodo di allenamento, ognuno è se stesso».

Sorpreso di vederlo a questi livelli?

«No, ha sempre avuto la testa per insegnare e organizzare: da giocatore era il classico allenatore in campo, tornava a casa e prendeva appunti sulla partita. Incredibile per un ragazzo di 24-25 anni».

In che cosa lei è diverso?

«Non lo so, ma Marco è bravo, lo dicono tutti ed è vero. È molto preparato».

Marco centrocampista d’ordine, Federico trequartista estroso.

«In effetti non ci assomigliavamo in niente. Ma io ero meglio, più tecnico: ho fatto il 10, poi anche l’esterno sinistro. Gol e assist».

Avete giocato insieme per un anno.

«Sì, al Giulianova nell’87-88: io ero giovanissimo, lui già un regista con la testa sulle spalle. Come detto, il classico allenatore in campo. Che purtroppo per problemi fisici ha smesso 10 anni prima di me».

Che cosa è rimasto del giocatore che faceva impazzire Pescara dal ‘94 al ‘97 e dal ‘99 al 2001?

«Ogni tanto riguardo i miei gol, non per presunzione, ma la maggior parte erano davvero belli. Se ne vedono pochi nel calcio di oggi».

Da calciatore ad allenatore: cosa cambia?

«Il calciatore gioca, scarica la tensione subito e il martedì riparte. L’allenatore si porta dietro l’adrenalina per tutta la settimana fino alla domenica. Uno pensa per sé, l’altro pensa per tutti».

Anche in D?

«Certamente, è un campionato molto complicato, ma la Recanatese ha un progetto importante e vuole essere protagonista».

Lei si è formato nella Primavera della Juve.

«Una esperienza importante, ti fa sentire giocatore al 100 per cento, t’insegna la professionalità. Si avverte un’atmosfera diversa. Ma prima di andare alla Juve avevo fatto un provino col Milan di Sacchi: tre giorni a Milanello con gente come Van Basten e Gullit. Il massimo per un ragazzo di 18 anni. Era il dicembre ’88».

Invidioso del fratello?

«Assolutamente no. Stiamo facendo carriere molto diverse, ma è giusto così. Non ho nessun rimpianto per come sono andate le cose. E, ripeto, da giocatore ero più forte io…».

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