A molti, magari, è un nome che non dirà nulla, ma Jason Mayélé ha lasciato una traccia indelebile in Serie A. Nato a Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo il 4 gennaio 1976, inizia a giocare da prima punta. Segna poco, motivo per cui è la classica spalla del bomber, uno di quei calciatori che non salgono alla ribalta ma sono fondamentali. Inizia a giocare in Francia, la sua squadra più importante è il Chateauroux. Di lui si accorge il Cagliari di Massimo Cellino, che lo porta in Italia. Una coppia velocissima con Suazo, ma pochissimi gol. Sarà solo uno il centro di Mayélé in 47 presenze. L’honduregno invece si rifarà alla grande in futuro segnando oltre 90 gol con gli isolani.
Nel 2001 Mayélé passa al Chievo Verona. Nel 4-4-2 offensivo di Delneri (praticamente un 4-2-4) è uno degli esterni. Entra a gara in corso e dà il colpo di grazia agli avversari grazie alla sua progressione. Una vita ad alta velocità, che gli sarà fatale. Arrivava in ritardo agli allenamenti e non poche volte. Il 2 marzo 2002 in programma c’era Parma-Chievo. Il raduno era fissato a Verona perché era morto il padre di Eugenio Corini, metronomo della squadra di Delneri, e i calciatori volevano partecipare alle esequie prima di giocare la partita. Ci sono tutti, ne manca un solo. Ovviamente è Mayélé, ma nessuno si preoccupa, abituato ai suoi ritardi. Anzi, c’è chi propone di punirlo questo suo “vizio”.
Alle 9 in punto arriva una telefonata: a Bussolengo, pochi chilometri di distanza, c’è stato un incidente in cui è rimasto coinvolto un ragazzo di colore con la divisa del Chievo. E’Jason. Meno di un’ora dopo i tentativi di rianimarlo saranno vani. Il riconoscimento del cadavere tocca al presidente clivense Luca Campedelli. Il dolore è troppo. Una doppia perdita per i colori gialloblu. Col Parma non si giocherà. La numero 30 di Mayélé non sarà più indossata da nessuno. Una vita breve. Fatta di ritardi e dribbling. Un velocista che quel 2 marzo smise di correre e iniziò a volare. Chissà dove…