Lippi tra Coronavirus e ricordi: “Ripartire dalla 26ª giornata. Quando Gattuso disse ‘ma dove c***o volete andare?'”

L’ex Commissario tecnico della Nazionale italiana Marcello Lippi ha parlato dell'emergenza Coronavirus, dell'Europeo e di Zaniolo

CalcioWeb

Si intravede qualche sprazzo di luce nella lotta al Coronavirus, ma non è il momento di abbassare la guardia. Lo sa bene anche Marcello Lippi, che vive la quarantena nella sua Viareggio. L’ex Ct della Nazionale italiana ha parlato a ‘La Gazzetta dello Sport’: “Il nemico è ancora lì, il pericolo non è scongiurato. Della Seconda Guerra Mondiale ricordo quello che mi hanno raccontato genitori e nonni. L’aiuto dell’America. Roosevelt e Truman. La fame. I bombardamenti e la resistenza alla quale la mia famiglia aveva partecipato. E poi la ripartenza. Una parola che usiamo spesso nel calcio, al posto di contropiede, ma qui è molto più appropriata. Ripartire. Recuperare la voglia di vivere. Come in Versilia dove la gente cercava di dimenticare per tornare felice. E il boom economico”.

E su come ne uscirà il mondo del pallone e l’immagine dei calciatori, Lippi precisa: “Spero che, chi decide, stia pensando al calcio dilettantistico che rischia di scomparire. Spero lo protegga. Quello d’élite ne uscirà sicuramente ridimensionato, ma tutto sommato non sarebbe neanche un male. Si è portati a credere che siano tutti viziati e ricchi, che pensino solo a soldi, macchine, belle donne. Demagogia. Ci sono quelli così come in tutte le categorie. Ma poche hanno la stessa sensibilità sociale dei calciatori. Sa una cosa che odio? Chi fa beneficenza e lo comunica subito ai giornali. I calciatori la fanno in silenzio. E non soltanto se regalano soldi a chi ne ha bisogno. Anche se dedicano un pomeriggio a bambini autistici o disabili, offrendo il loro tempo e il loro sorriso”.

Le giornate di Lippi: “Ho la fortuna di avere un giardino sotto casa. Quindi dedico la mattina a camminate, circuiti, pesi, ginnastica. Sono tornato a essere regolare. Mangio a casa, qualcosa di semplice, e nel pomeriggio vedo la tv. Oppure mi dedico a rileggere un po’ il mio passato. Fin dal primo giorno, dalla Primavera della Samp, ho un’abitudine: scrivere tutti miei allenamenti. Ma proprio tutti. Alcuni li rimettevo in bella, se ce n’era bisogno. Ho cominciato quarant’anni fa esatti e in questi giorni ho ripreso in mano quei fogli. Divertendomi a vedere come affrontavo le problematiche allora. Quei principi sono applicabili anche ora”. Nostalgia della panchina? “Chissà, per ora mi aiuta a passare il tempo…”.

Tornando al Coronavirus, ecco quando secondo Lippi si potrà ripartire con il calcio: “Soltanto quando saremo a contagi zero. Non importa se a porte aperte o chiuse: non è questo il problema. Il problema è che impossibile non succeda qualcosa se una squadra, una cinquantina di persone in tutto, viaggia e incontra camerieri, cuochi, autisti… Solo quando questa guerra sarà vinta dovremo ripartire. E dalla 26ª giornata. Niente play-off o altre formule, per carità. Dodici giornate. Campionato e coppe: non si comincia la nuova stagione prima di aver finito questa. La prossima partirà più tardi, avrà qualche turno infrasettimanale. Non importa. E non è soltanto questione di campo. S’immagina che cosa accadrebbe con un’assegnazione straordinaria? Tra reclami, ricorsi, avvocati, tribunali… non ne usciremmo più”.

E sulla Nazionale: “Mi spiace per l’Europeo saltato, ma l’Italia è così forte che farà benissimo anche nel 2021. E aggiungo, con la passione con cui un nonno può seguire il nipote: recupererà giocatori importanti come Zaniolo. Magari per Mancini potrebbe essere quello che è stato per noi Totti“. 

Infine il momento amarcord, con il Mondiale del 2006: “Come nell’82: una situazione dalla quale siamo venuti fuori trasformando il gran casino in energia positiva. Perché c’erano persone di grandi qualità umane e professionali, gente con due palle così, in grande sintonia con chi le guidava. Non hanno vinto perché erano in emergenza, ma perché erano forti. Quella dell’82 era una squadra tecnicamente eccelsa. Noi abbiamo acquistato la consapevolezza della nostra forza. Avevo detto ai giocatori e alla federazione: “Guardate che questo Mondiale dobbiamo vincerlo. Abbiamo tutto per farlo”. E quindi chiesi le famose amichevoli contro il Brasile, ma era troppo caro, la Germania e l’Olanda. Ripenso ancora alla notte di Amsterdam…Loro a casa non perdevano mai, noi andammo a vincere 3-1 e, nei corridoi dello stadio, passando tra le foto di Cruijff e Neeskens, con tutto il rispetto, Gattuso urlava ‘ma dove cazzo volete andare…’. La sera del 4-1 alla Germania il povero Schumacher venne negli spogliatoi di Firenze per complimentarsi e lo presero in giro. Sì, eravamo forti. Lo siamo anche oggi e spero accada lo stesso anche al di fuori del calcio”. 

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