Dal lusso sfrenato alla povertà più assoluta. Spesso il calcio dà e poi toglie. Quella di Antonio Maurizio Schillaci, 58 anni, cugino di Totò (eroe di Italia ’90), è una della tante storie di giocatori finiti in povertà. A raccontarla è Paolo Vannini sulle pagine del ‘Corriere dello Sport’, con il titolo ‘L’altro Schillaci’. Tecnicamente dotato, iniziò con la squadra della sua città, il Palermo, poi Rimini e l’esplosione con il Licata di Zeman. Passò alla Lazio, ma un infortunio al tendine ne frenò l’ascesa. Seguirono le esperienze in prestito a Messina e con la Juve Stabia, poi la chiusura a Licata. Durante l’ultima fase della sua carriera, Schillaci inizia ad avere problemi di droga, soprattutto cocaina ed eroina. Oggi conduce una vita da senzatetto a Palermo. Ed è proprio lì che inizia la storia narrata da Vannini in prima persona.
“Lo incontro ogni sera, quando scendo a buttare la spazzatura in quegli unici spazi, quasi beffardi, di libertà consentite in giorni così indefinibili. Per strada c’è solo lui, che fa passeggiare il suo amato cane Johnny, un meraviglioso meticcio bianco a chiazze nere che è di fatto il suo più fedele compagno di vita”. Oggi Maurizio Schillaci vive per strada insieme al cane Johnny, che non ha voluto abbandonare anche a costo di rinunciare ad un alloggio di fortuna che gli era stato trovato. E quando gli si chiede del suo passato ammette: “Sono così perché ho sbagliato io, e oggi non chiedo l’aiuto di nessuno”.