Rubén Sosa, dall’allevamento di polli alle magie con Lazio e Inter fino alla perizia calligrafica nerazzurra

Si rinnova il classico appuntamento con la nostra rubrica "L'uomo del giorno". Protagonista di oggi è Rubén Sosa Ardaiz, ex attaccante di Lazio e Inter

CalcioWeb

La storia di Rubén Sosa Ardaiz. Ultimo di 11 fratelli, inizia a giocare a calcio insieme agli altri bambini per le vie del barrio Piedras Blanca, un quartiere povero alla periferia di Montevideo. Trascorre gran parte dell’infanzia nell’allevamento di polli di famiglia, ma gioca per la Potencia, una piccola società dilettantistica. Qui viene notato dal Danubio. A Montevideo gioca fino al 1985, poi si trasferisce in Europa. È il Saragozza ad aggiudicarselo. Con i suoi gol trascina i Blanquillos alla conquista di una Coppa del Re, in finale contro il Barcellona. Nel 1988 approda alla Lazio. Quattro stagioni per un totale di 140 presenze e 47 reti, anche se non arriva alcun trofeo. Nel 1992 passa all’Inter dove fa coppia con Totò Schillaci: al primo anno 20 gol in campionato. Trascina i nerazzurri nella trionfale cavalcata in Coppa Uefa (1994), 6 assist in 10 partite, compresi i due passaggi decisivi nella doppia finale contro il Salisburgo. Un’altra stagione all’Inter, poi va a Dortmund. Dal Borussia in poi è tutto in discesa. Torna in Spagna, al Logronés, poi in Uruguay al Nacional. Va in Cina, allo Shanghai Shenhua, poi chiude in patria con Nacional e Racing Montevideo.

Gran calciatore di punizioni. Mancino potente e tanto allenamento: “La verità è che a me piaceva tantissimo allenarmi. Restavo ad Appiano a calciare da tutte le posizioni. Guardavo anche gli altri, come mettevano la palla: Enzo Francescoli, per esempio, era bravissimo e in Nazionale facevamo gare su gare. Quando il pallone era sui 30-35 metri, era la mia mattonella preferita. Me lo facevo toccare e calciavo fortissimo. Boom”. Sosa attualmente ricopre il ruolo di vice allenatore del Nacional, ma la sua grande passione è il settore giovanile. Tre giorni a settimana insegna ai ragazzi come posizionarsi in campo e lavora sulla tecnica individuale per migliorarne dribbling e tiro. Ha fondato una scuola calcio chiamata “Alegria” per cercare di allontanare i bambini del barrio Carrasco dalle strade.

Una curiosità sul suo arrivo all’Inter: “All’epoca, la moglie del presidente Pellegrini faceva la perizia calligrafica ad ogni nuovo arrivato. Un giorno mi fece fare un autografo apposta per studiarlo e ne emerse una scarsa voglia di giocare a calcio. Allora mi presentai da Pellegrini, insieme a Paco Casal mio agente dell’epoca, e gli dissi: ‘Presidente, io firmo in bianco: se faccio 20 goal mi da quello che chiedo, altrimenti mette lei la cifra’. Alla fine ne feci 22, contando tutte le competizioni”.

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