E’ uscita l’intervista integrale della rivista spagnola ‘Libero’ a Francesco Totti. Ieri qualche anticipazione con i retroscena di mercato sul Real Madrid. Ma è in questa parte che gli aneddoti e le curiosità sulla carriera dell’ex capitano della Roma diventano particolarmente gustosi. Si parte con una battuta alle quali Totti ci ha abituati: “Perché la Roma e non la Lazio? A me non dovete chiederlo. Per me Roma è la Roma. La Lazio non esiste. Non posso fare paragoni. Ciò non significa che sto parlando male di loro, tutt’altro. Per me la Roma è unica, così come i suoi tifosi. Sono passionali, sentimentali, danno tutto per la maglia. Sono sempre stato un tifoso della Roma. È stato un sogno vestire quella maglia, il numero dieci, la fascia da capitano. Una volta che sono riuscito a ottenere questo sogno me lo sono tenuto stretto”.
Eppure l’offerta biancoceleste ci fu: “Mia madre era della Lazio per mia nonna. Io giocavo nella Lodigiani, hanno chiamato i miei genitori e a me mi ha chiamato mio fratello Riccardo per parlare di queste due opzioni. Non ho avuto dubbi, mio padre e mio fratello erano della Roma. Ho scelto la Roma, però loro avrebbero preferito la Lazio perché avrebbe pagato. Per fortuna è stata la scelta migliore”.
Particolare il rapporto con Antonio Cassano: “E’ un fratello minore. E’ venuto a Roma per me, perché diceva che fossi il suo idolo. Lo voleva la Juve ma ha scelto la Roma. Voleva giocare con me, era innamorato del mio calcio. Non ha avuto un’infanzia facile, così quando è arrivato a Roma l’ho portato a casa con i miei genitori. In allenamento massacrava tutti, a eccezione di me, Batistuta e Samuel. Quando Zebina, Delvecchio, Tommasi sbagliavano un passaggio gli diceva: ‘Sei un pippone, vai a lavorare in farmacia’. Ti fa capire che personalità avesse. Era giovane e sfidava i trentenni. È vero che aveva torto, perché devi sempre avere rispetto .. Ma lo conoscevamo e sapevamo già com’era. L’abbiamo semplicemente accettato. A volte era persino esagerato, perché non aveva limiti, filtri, freni. Quando cominciava non la smetteva. Con Capello ha litigato milioni di volte. Si inseguivano in mezzo al campo durante l’allenamento. Ho visto scene incredibili, ma Fabio lo adorava perché sapeva di avere a che fare con un fenomeno. Capello voleva buoni giocatori, con carattere, e Cassano lo era”.
Si parla anche del ritiro e forse di qualche rimpianto: “Sono coerente con me, con il mio fisico e con la mia testa. So che c’è un inizio e una fine. Però ci sono giocatori come Messi, Ronaldo, me… con il diritto di decidere. Avrei fatto bene alla Roma anche oggi, ma non perché sono Totti, bensì per l’ambiente, i giocatori, l’esperienza, il marketing, per tutto. Non avrei nemmeno dovuto giocare tutte le partite, una sì e tre no. Venti minuti in una, la Coppa…”.
Su Luis Enrique: “Non ha fatto bene, ma è anche vero che non aveva una squadra per vincere. Ci eravamo sfidati in passato come giocatori e mi aveva già lasciato il segno: cinque punti di sutura sulla gamba”.
Vincere a Roma è qualcosa di magico: “E’ speciale perché succede una volta ogni venti anni. Purtroppo è la verità. Quando la Juve vince, festeggia solo una notte, quella della domenica. Lunedì è già finito tutto. Invece quando noi abbiamo vinto con Capello a Roma si è fatto festa per tre o quattro mesi. Una festa senza fine… perché non siamo abituati. Non siamo il Real o il Barcellona, forti anche in Europa. Se vinciamo tre campionati di fila, forse al terzo finisce l’euforia”.
Di Totti rimarrà celebre il cucchiaio: “Sergio Ramos ha la qualità per farlo. Tira i rigori molto bene, è un grandissimo giocatore. Però la verità è che oggi il cucchiaio si è convertito in un gesto banale, si fa come se fosse una cosa normale. Il mio all’Europeo contro l’Olanda fu spontaneo. E’ nato da una battuta in allenamento. E’ un gesto che mi è venuto sempre istintivo, ma non volevo mancare di rispetto a nessuno. Quando giocavo pensavo a chi pagava il biglietto e volevo farli divertire. Mi piaceva far divertire la gente e ci riuscivo quasi sempre. Anche nella Roma. Quando vedevo Zidane o Ronaldo fare certe cose mi identificavo con loro. Per questo mi piacevano tanto”.
Infine qualche battuta su Zidane, idolo di Totti: “Credo che Zidane sia uno dei cinque giocatori in tutto il mondo che hanno fatto impazzire i tifosi. Era completo, elegante, faceva quello che voleva. Aveva testa, piedi e spirito diversi dagli altri. Lo guardavo e lo ammiravo e ringraziavo la vita per avere questa possibilità”.
E su Monchi: “Un rapporto con alti e bassi. Non mi sono mai sentito importante nel progetto. Lui per me è una persona leale, sincera, molto professionale. Non è stato facile il suo arrivo. E’ passato da Siviglia, dove è rimasto per 30 anni, a Roma dove tutti si aspettavano il massimo. E’ arrivato in un momento singolare della gestione americana, penso sia stato mal consigliato. Non si è circondato delle persone che volevano davvero lasciargli fare il suo lavoro. Ha avuto fiducia in altri che pensavano di più a se stessi”.