Juve, adesso c’è la certezza: Agnelli non voleva Sarri! Si è fidato dei “suoi uomini”, ma ora…

Andrea Agnelli non ha mai voluto Sarri, sin dal primo momento: si è "fatto convincere" dai suoi uomini, ma questo ora apre alla rivoluzione

CalcioWeb

Neanche 24 ore. Praticamente, la Juve, “non vedeva l’ora”. Anzi, Agnelli, non vedeva l’ora. Non vedeva l’ora di mandare via Maurizio Sarri. Il giorno dopo l’eliminazione in Champions per mano del Lione,  è arrivata la decisione immediata. Secca. Senza esitazioni. Via l’allenatore, dopo soltanto un anno dal suo insediamento. Non lo voleva, Andrea Agnelli. Non lo ha mai voluto. Si pensava questo, era intuibile. Ora è diventato certo. La scelta dell’ex Napoli è stata di Paratici e Nedved. Agnelli si è “fidato”, ma è rimasto deluso. Evidente, scontato, che la scelta dell’esonero sia stata tutta sua. Le “valutazioni in corso” di cui parlava ieri si sono materializzate questa mattina. Subito. D’altronde, il presidente bianconero, lo aveva rimarcato a più riprese a Sky: “Tra qualche giorno inizierà la nuova stagione, occorre riprogrammarla con entusiasmo”.

In dirigenza si trema

Poco tempo e poco spazio ai ripensamenti, dunque. Ma se Agnelli ha deciso da solo, allora è anche andato controcorrente a chi quella scelta l’aveva fatta: Paratici e Nedved appunto. Eppure, sempre ieri, aveva affermato che “il suo gruppo dirigenziale, Paratici, Nedved e Cherubini, se lo tiene stretto”. E se fossero loro a sentirsi tirati in ballo? E infatti, alle voci su Paratici che già circolavano nei giorni scorsi, si aggiungono quelle degli ultimi minuti: ha proposto Sarri e adesso è quindi contrario al suo esonero; potrebbe così andare via? La società, a tal proposito, ha smentito all’Ansa un possibile addio.

I bilanci della stagione

Nell’arco di una stagione calcistica (ma il discorso vale per qualsiasi azienda e settore lavorativo) si fanno tante considerazioni e riflessioni. Le grandi società, però, sono solite – a parte rarissime eccezioni – trarre i bilanci soltanto alla fine di questa. Della Juventus si è detto tanto, come sempre, durante l’anno, ma si è aspettata l’ultima gara della stagione per definire i giudizi conclusivi.

Cosa è andato: dallo Scudetto alla valorizzazione dei giovani

Partiamo prima dalle cose positive. Perché ce ne sono. Affermare il contrario sarebbe delitto e lo ha sottolineato ieri anche il presidente Agnelli.

  1. Un club che vince 9 Scudetti di fila non può essere trattato come una Spal qualunque. Il “come” può sicuramente essere oggetto di discussione, ma su questo ci arriveremo più avanti. Sicuramente, e questo si sa, per la Juve “vincere è l’unica cosa che conta”. E’ il loro motto e tale rimane. “Nell’albo d’oro figura la squadra che vince una competizione, non quella subito dietro”, ha detto sempre ieri Agnelli. I bianconeri hanno vinto il campionato ed è già questo un punto a favore.
  2. Punto numero due lo svecchiamento della rosa e la valorizzazione dei giovani. Per forza di cose, la società bianconera è stata costretta a “ringiovanirsi” negli elementi che scendono in campo. Una rivoluzione non totale e frettolosa, ma parziale e “spalmata” in qualche anno. Dopo l’addio alla BBC che tanto ha dato al club negli anni scorsi, sono arrivati Demiral e De Ligt con il compito di essere inseriti gradualmente all’interno dei meccanismi del reparto arretrato. Specie per il secondo, l’impatto è stato tutto meno che graduale – a causa dell’emergenza difensiva – ma il ghiaccio sembra essere stato rotto. Risultato? Un inizio in salita ma che… serviva. Stesso discorso a centrocampo. Nonostante una stagione con qualche ombra, continua la crescita di Bentancur, a cui aggiungere l’arrivo di Rabiot e – ora – anche di Arthur (22enne) per Pjanic (30enne).

Cosa non è andato: Sarri? Sì, ma non solo. Le scelte di mercato sbagliate e gli esuberi

  1. Sarri è andato via. Per la società, dunque, le principali colpe sono sue. Ma siamo sicuri sia così? Nì. Ha le sue colpe, sì, ma non è l’unico ad aver sbagliato. Si voleva un cambio di mentalità – quello di vincere ma giocando anche bene -, si cercava il “Sarrismo” visto soprattutto a Napoli. Lui non l’ha mai fatto vedere, tranne in rarissimi casi (contro l’Inter all’andata e al ritorno?), ha pagato una comunicazione poco efficace e non è stato aiutato da un ambiente (tifosi) che non l’ha mai apprezzato realmente per via del suo passato a Napoli.
  2. Ma come si può “pretendere” un cambio di mentalità senza che Sarri stesso venga messo nelle condizioni di farlo? La squadra che gli è stata affidata non era adatta al suo modo di giocare. Vuoi l’emergenza infortuni, vuoi lo svecchiamento della rosa, vuoi la pandemia, non c’è mai stato feeling tra squadra e tecnico. Né con i senatori, né con i più giovani. Il centrocampo, perno fondamentale, ha pagato più di tutti. Al di là della “recessione” tecnica rispetto agli anni d’oro (Vidal, Pirlo, Pogba, Marchisio), il reparto attuale non aveva il passo – per caratteristiche – per l’intensità che pretende Sarri. Khedira sempre out, Ramsey peggio ancora, Pjanic ha deluso, Rabiot è spuntato fuori tardi. L’attacco? Peggio che andar di notte, ma lo abbiamo ampiamente spiegato ieri.
  3. Gli esuberi. La Juve, praticamente, si è trascinata con sé un problema enorme sin dalla scorsa estate. Tanti giocatori che voleva cedere, liberandosi dei grossi ingaggi, non sono andati via. Delle “zavorre” belle e buone a partire dallo stesso Khedira passando per Matuidi, Higuain e qualche altro. Questo non ha aiutato ma soprattutto ha fatto sì che lo stesso Sarri dovesse “reinventarseli” e riutilizzarli.

Considerazioni

Il fatto che la Juve abbia preso questa decisione drastica e repentina dopo solo una stagione, la dice lunga. Storicamente, infatti, il club bianconero è orientato alla pazienza, alla fiducia verso le scelte fatte. Chi viene scelto è poi messo nelle condizioni di rendere bene. Sarri, a Napoli, è esploso definitivamente al suo secondo anno. La Juve, con qualche acquisto “giusto”, avrebbe potuto dargli una seconda chance. Non è stato fatto, ma questo dimostra ancor di più che la decisione non è arrivata dall’alto. Ma adesso non si può più sbagliare…

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