Gianfranco Zola, dalla canna da pesca rotta alla battuta di Maradona fino al tentato rapimento subìto

Si rinnova il classico appuntamento con la nostra rubrica “L’uomo del giorno“. Protagonista di oggi è Gianfranco Zola, ex attaccante italiano

CalcioWeb

Gianfranco Zola è stato un ex calciatore. Nato ad Oliena, in provincia di Nuoro, muove i primi passi nelle giovanili del Corrasi prima di esordire in prima squadra nella Nuorese. Si fa conoscere al grande calcio dopo le ottime annate alla Torres, che gli valgono la chiamata del Napoli. Si allena insieme ai grandi campioni azzurri tra cui Maradona, iniziando a diventare un punto fermo della squadra partenopea. Ma dopo 4 anni, 32 reti e uno scudetto, passa al Parma, con cui vince Coppa UEFA e Supercoppa Europea. Nel 1996 diventa un calciatore del Chelsea: 7 anni, più di 200 presenze e 59 reti. In Inghilterra lo amano alla follia. Chiude la carriera al Cagliari: in due anni arrivano promozione in Serie A e successiva salvezza.

Divertente aneddoto raccontato da Zola a ‘Gianlucadimarzio.com‘. Quando arrivò a Napoli, Maradona finalmente trova qualcuno più basso di lui: “Sì, lo disse veramente, anche se in realtà non era un gran vanto, visto che si trattava di uno o due centimetri, e se avessi avuto i riccioli come i suoi probabilmente sarei stato più alto io”.

Un grande rimpianto di Zola resta il Mondiale del ’94. Durante Italia-Nigeria, l’arbitro messicano Brizio decide di espellerlo all’esordio: “Una delle delusioni più grosse della mia vita. A mio avviso non era nemmeno fallo, il rosso è stata una grandissima ingiustizia. Ma sono cose che capitano in una carriera. Era una gara importantissima per me, il mio esordio in un mondiale, tra l’altro un ottavo di finale. Succede, purtroppo capitò a me e in quel momento mi cascò il mondo addosso”.

Apolloni, suo compagno al Parma, ha invece raccontato a ‘Unionesarda.it’: “Quando sono stato a casa di Zola, assieme ad Asprilla, abbiamo deciso di andare a pesca. Eravamo tutti e tre grandi appassionati e Gianfranco, oltretutto, era bravissimo. Il suo segreto era la canna da pesca del padre di cui era gelosissimo e non voleva la utilizzasse nessuno. La teneva custodita gelosamente in sala da pranzo e guai a toccarla. A un certo punto Asprilla decide di prenderla, assicurando a Gianfranco che non le sarebbe successo niente. Beh, mezz’ora dopo la canna da pesca era distrutta. A noi la cosa fece ridere un sacco. Gianfranco invece si divertì meno…”.

Gianfranco Zola sarebbe stato al centro di un progetto di sequestro nel corso degli ’90. E’ quanto emerso da un’intervista a Fabrizio Maiello, pubblicata dal sito ‘Gianlucadimarzio.com’. Un rapimento lampo del campione sardo per poi chiedere il riscatto all’allora patron del Parma Callisto Tanzi. Le cose non andarano come previste. Nel 1994, dopo avere conosciuto all’Opg di Reggio Emilia Marcello Colafigli, il “Bufalo” della banda della Magliana, Maiello scappa: “In quel periodo ero latitante, ero con altre persone, tutte appassionate di calcio. Giravamo tutta l’Italia e siamo andati a vedere qualche allenamento del Parma. Zola in quel periodo era il giocatore più rappresentativo della società. Ci era venuta questa idea: un rapimento lampo di 24-48 ore per richiedere il riscatto a Tanzi. Ci sembrava una bella opportunità. Dovevamo seguirlo con due macchine per speronarlo in strada e farlo salire su un’altra vettura. Lo stavamo seguendo quando si è fermato a un distributore di benzina. Siamo scesi anche noi, volevamo aspettarlo. Gianfranco però ci è venuto incontro, sorrideva e ci ha chiesto se volessimo un autografo. È in quel momento che ho pensato ‘ma cosa sto facendo? Ma lasciamo stare’. Abbiamo scambiato due parole, gli ho detto che ero un tifoso del Napoli e gli ho chiesto un autografo. Dopo la firma sul retro della carta d’identità di Maiello, Zola ha visto un tatuaggio sulla sua mano e si è irrigidito: ‘Lì sopra ho inciso sulla pelle i cinque punti della malavita, non un tatuaggio come un altro'”. Il calciatore se n’è andato in tutta fretta. Maiello lo ha seguito per qualche chilometro e, nonostante l’invito dei suoi compagni a speronarlo con l’auto, l’ha salutato e l’ha lasciato andare.

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