Dopo la sconfitta con lo Spezia, sono cresciuti i malumori dell’ambiente Inter su mister Simone Inzaghi. Malumori in realtà più diffusi nella tifoseria, che nella dirigenza del club che invece ha più elementi per valutare la situazione e quindi assolvere l’allenatore dagli ultimi risultati altalenanti in campionato ben consapevole del contesto in cui sta operando.
E’ vero, l’Inter è forte e costruita per vincere, almeno per lottare per lo scudetto. Ed è vero, sono arrivate 8 sconfitte in campionato in 26 partite, un dato particolarmente negativo soprattutto considerando che molte sono maturate contro squadre di medio/basso livello (Spezia, appunto, ma anche Empoli, Bologna e Udinese, anche se l’Udinese quando ha battuto l’Inter volava in zona Champions e vinceva contro chiunque). Questa, però, è solo una parte della verità. Molto parziale e non complessiva. C’è anche l’altro lato della medaglia, c’è anche il bicchiere mezzo pieno.
Sempre per rimanere in campionato, oltre alle sconfitte ci sono le vittorie: ben 16, unica ad aver vinto così tanto quest’anno dopo l’inarrestabile Napoli di Spalletti. Sedici vittorie in 26 partite sono tantissime, da ritmo scudetto se solo l’Inter avesse pareggiato 3-4 partite poi perse e soprattutto se non ci fossero quegli alieni dei partenopei lassù a volare con un ritmo da record assoluto. La verità è che Inzaghi non pareggia mai: solo due “X” in campionato, nelle trasferte di Monza e Genova con la Sampdoria, tra l’altro quella di Monza assolutamente immeritata e dovuta esclusivamente al clamoroso errore dell’arbitro sul gol regolare di Acerbi nel finale. E infatti nonostante quelle 8 sconfitte, l’Inter è seconda in classifica. Seconda, dietro il Napoli più bello e più forte di sempre che tra l’altro Inzaghi ha battuto in serie A, così come ha battuto il Milan con pieno merito nel derby di ritorno regalando una gran bella soddisfazione ai tifosi dopo la spettacolare e pirotecnica sconfitta 2-3 in quella splendida partita dell’andata in cui avrebbe meritato almeno il pari.
Quindi è vero, l’Inter non può vincere lo scudetto né può lottare per farlo, ma non per propri demeriti: anche se avesse vinto con Spezia ed Empoli, o a Genova con la Sampdoria, o a Bologna, sarebbe comunque a -9 da Kvaratskhelia e compagni. E forse proprio per questo manca la motivazione contro le piccole. L’Inter non vince lo scudetto, come non lo vince il Milan, non lo vince la Juve, non lo vince la Roma, solo ed esclusivamente perché c’è un Napoli pazzesco che sta confezionando un’impresa storica. Ed è tutto merito del Napoli che vince lo scudetto, non demerito degli altri che non tengono il passo. E se l’Inter è seconda in classifica, significa che tra tutte le altre è comunque la migliore, nella stagione del Mondiale che regala sempre qualche sorpresa e tradizionalmente mette in difficoltà le big.
Ma a rendere ancor più importante l’altro lato della medaglia dei giudizi su Simone Inzaghi, e cioè il bicchiere mezzo pieno, c’è tutto il resto rispetto alla serie A. Perchè in una stagione non c’è solo il campionato. E in tutto il resto, Inzaghi si è confermato un vincente e ha fatto benissimo su ogni fronte.
Innanzitutto ha vinto la Supercoppa umiliando il Milan strapazzandolo 3-0 in finale. I tifosi hanno dimenticato troppo in fretta quella notte magica. Ed è la seconda Supercoppa consecutiva vinta da Simone Inzaghi con l’Inter, in una squadra che ne aveva vinte soltanto 5 nelle precedenti 33 edizioni.
Poi c’è la Coppa Italia: anche questa vinta da Simone Inzaghi con l’Inter l’anno scorso, e adesso con l’obiettivo di fare il bis. L’Inter è in semifinale, unica big tra le squadre di alta classifica di serie A (l’altra è la Juve che però è molto più indietro per la penalizzazione). Il Milan è stato eliminato dal Torino, il Napoli e la Roma dalla Cremonese: Inzaghi invece ha sconfitto l’Atalanta e adesso dovrà superare la Juventus per poi ritrovarsi in finale con una tra Fiorentina e Cremonese, appunto, per quello che sarebbe uno storico doppio bis (due Coppa Italia e due Supercoppa consecutive non le ha mai vinte nessuno nella storia del calcio italiano! Nessuno, mai.).
Dulcis in fundo, c’è la Champions League. La più importante competizione a cui l’Inter partecipa, dove la squadra era considerata spacciata visto il sorteggio proibitivo nel girone con Bayern Monaco e Barcellona. E invece Inzaghi ha sovvertito ogni pronostico: Barcellona sconfitto 1-0 a San Siro e domato con un 3-3 da sballo al Camp Nou (ma poteva essere 3-4 o 3-5 per quanto accaduto nel finale), e seconda qualificazione consecutiva agli Ottavi di Champions che prima di Inzaghi l’Inter non conosceva da 11 anni. Adesso martedì c’è una partita decisiva in Portogallo: difendere il vantaggio ottenuto nella gara di andata sul Porto significherebbe conquistare i Quarti di Finale che all’Inter mancano da 12 anni, tra l’altro dalla sportivamente drammatica umiliazione dello Schalke 04 che vinse 2-5 a San Siro. Parliamo di un’era geologica fa. Già arrivare agli Ottavi superando il girone era diventato un miraggio per questo club: prima di Inzaghi non c’era riuscito nessuno dopo quello stesso 2012 finito male con lo Schalke, e mister Simone ce l’aveva già fatta un anno fa fermato solo dal Liverpool comunque sconfitto ad Anfield sfiorando i supplementari nella partita di ritorno. Adesso c’è la concreta possibilità di andare un gradino più in alto, e non smettere di sognare perché questa squadra ha dimostrato che, sì, può perdere con Empoli e Spezia ma può anche vincere con Napoli e Barcellona quindi il finale di stagione è ancora tutto da scrivere. E adesso l’unica cosa da fare è rimanere compatti e sostenerla, proprio perché si possono scrivere pagine bellissime.
Dal punto di vista societario, la dirigenza è ben consapevole delle difficoltà affrontate dal mister in questa stagione. Lo spogliatoio è lacerato da numerose situazioni contrattuali aperte, il caso Škriniar ha tenuto banco compromettendo gran parte della stagione e la tenuta della difesa che nelle stagioni precedenti era stato il punto di forza della squadra. Sul mercato sono arrivati Acerbi (Lazio), Onana (Ajax), Bellanova (Cagliari), Asllani (Empoli), Mkhitaryan (Roma) e Lukaku, che però poi è rimasto a lungo infortunato: non proprio colpi stellari. Eppure Inzaghi è riuscito al meglio in tanti tasselli di crescita del club: ha completato la delicata transizione tra Handanovic e Onana, nel ruolo che l’anno scorso è costato lo scudetto. Ha valorizzato enormemente Dimarco, ha avuto la geniale intuizione di arretrare Mkhitaryan a metà campo quando Brozovic s’è fatto male vincendo così le partite più difficili e delicate, ha dato un’identità particolarmente nazionale all’Inter per la gioia di Mancini al punto che non c’è alcuna altra big che valorizza così tanti italiani tra i titolari (Acerbi, Bastoni, Barella e Dimarco tra i titolarissimi, e poi anche Darmian, Gagliardini, D’Ambrosio e il giovane Bellanova spesso e volentieri chiamati in causa). E la squadra gioca un calcio sempre propositivo, offensivo, moderno. Nonostante tutto.
Ecco perché è folle mettere Inzaghi in discussione: in un momento così delicato, chiunque avrebbe difficoltà su quella panchina. Difficilmente, però, qualcuno potrebbe fare meglio di quanto sta facendo Simone. E per il bilancio, è meglio aspettare fine stagione. Perché – appunto – ci sono ancora tante pagine da scrivere e possono essere belle, bellissime o addirittura storiche.