Spalletti senza filtri: “sarò felice quando smetterò e su Totti…”

Il CT della Nazionale, Luciano Spalletti, si è raccontato in una lunga e interessante intervista al Corriere della Sera
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Luciano Spalletti si mette a nudo. In una lunga e intensa intervista rilasciata al Corriere della Sera, il commissario tecnico della Nazionale italiana apre il suo mondo, svelando aspetti intimi della sua personalità, il suo modo viscerale di vivere il calcio e i legami, a volte dolorosi, con figure chiave del panorama calcistico.

La solitudine, per Spalletti, non è una nemica, anzi: “Con la mia solitudine convivo benissimo. Anzi, la solitudine mi fa compagnia“. Il rifugio nella sua Montaione, tra la terra e gli operai, rappresenta un’oasi di pace contrapposta alla frenesia del calcio. Unico rimpianto, il tempo sottratto alla famiglia: “La mia attività ha tolto tempo, spazio, occasioni. E io lo avverto come una colpa, della quale però non ho colpa“.

Il racconto dei suoi inizi da calciatore è un viaggio nella provincia italiana, dalle case popolari dell’Avane al sogno infranto con la Fiorentina: “Mi dissero che non rientravo nei loro programmi“. Un aneddoto che svela uno Spalletti senza procuratore, che ha sempre inseguito la passione: “Sono sempre stato un naif in questo mondo che, nelle sue logiche, non conoscevo. Non ho mai avuto, in vita mia, un procuratore e questo mi ha sempre dato una grande libertà“.

Inevitabile il passaggio sul Napoli, un amore tormentato: “So che i soldi sono importanti. Ma certe volte mi sembra incredibile che mi paghino per fare ciò che più mi appassiona e mi diverte. Al Napoli, per esempio, sono andato con l’idea di accettare quella sfida, più che di guadagnare soldi“. Spalletti confessa il suo amore per la città e per il suo popolo “così felice e così malinconico“, ma non nasconde l’amarezza per un addio non all’altezza della storica vittoria dello scudetto: “Ho sofferto perché dopo lo scudetto il presidente non ha telefonato a nessuno di noi, non ci ha fatto gioire su un pullman scoperto insieme a quel meraviglioso popolo“.

Un pensiero va anche all’Inter, vista in Champions League come una squadra “totalmente all’altezza delle più grandi d’Europa“, elogiando la “sapienza tattica” di Simone Inzaghi.

Il rapporto con Francesco Totti è un capitolo a parte, intriso di affetto e stima reciproca: “Io gli voglio bene. Lui è il calcio, per me. Istinto, classe, intelligenza pura“. Spalletti rivela il desiderio di intraprendere con l’ex capitano giallorosso “qualche esperienza professionale, anche fuori dal calcio“, superando le vecchie ruggini. Ancora vivo il dispiacere per i fischi ricevuti da Totti nel giorno del suo addio: “Mi sono pesati. Non riesco, non sono mai riuscito, a farmi scivolare le cose addosso. Mi restano dentro, mi attraversano, mi corrodono“.

Arriva poi il capitolo Nazionale, con l’ammissione di un errore nella gestione della pressione durante l’ultimo Europeo: “Ho capito di aver caricato i ragazzi di troppe responsabilità, ho esagerato nella pressione“. Spalletti si assume la piena responsabilità dell’eliminazione, ma guarda con fiducia alle qualificazioni per i Mondiali: “Siamo una squadra forte e abbiamo voglia“.

L’intervista si conclude con una riflessione sul futuro e un desiderio commovente. La “terribile felicità” provata con lo scudetto del Napoli si contrappone al desiderio di liberarsi dal “peso” della professione. Alla domanda su chi vorrebbe a cena, la risposta è unanime e carica di significato: “Luca Vialli. Grande giocatore e grande persona. Basta vedere come ha affrontato il male. Ci ho giocato contro solo una volta, in un Sampdoria-Spezia. Era forte. Mi diede due ‘brandate’ pesanti, ma poi mi aiutò subito a rialzarmi. Ecco, il suo modo di vivere, e di morire, ci aiuta a rialzarci, sempre“.