Il sogno di ogni bambino, o perlomeno della stragrande maggioranza, è quello di giocare a pallone. Ho scritto “a pallone” e non “a calcio” volutamente, la differenza è semplice: la voglia di giocare al calcio, inteso come business, come professione, subentra prevalentemente nella fase adolescenziale. E’ solo un ristrettissimo numero di quei bambini che riesce, da grande, a realizzare il sogno di giocare “a calcio”, in maniera professionistica ovviamente; per tutti gli altri, però, rimane la passione, il divertimento di disputare le gare delle categorie inferiori, di far parte di un gruppo, di trovare un modo per fare sport, magari insieme a qualche amico, incontrandosi durante la settimana per gli allenamenti e, perché no, sfidando i conoscenti dei paesi limitrofi, nel week-end.
Pasquale non è riuscito a diventare professionista, ha 21 anni, di ruolo fa il centrocampista e milita in Prima Categoria nel Lazio. Dopo essere stato un anno fermo, perchè voleva cambiare squadra, è stato prestato ad un’altra società di Prima Categoria, senza poter scegliere. Adesso, ha deciso di combattere per un suo sacrosanto diritto, lo stesso di tutti gli altri bambini di cui parlavamo, vuole avere la possibilità di continuare a giocare “a pallone” per divertirsi.
A vietarglielo è attualmente la burocrazia italiana, che in materia di tesseramento dei calciatori è molto chiara. L’art. 31 delle “Norme Organizzative Interne della Federazione Italiana Giuoco Calcio” definisce tre categorie di calciatori: a) “professionisti”; b) “non professionisti”; c) “giovani”. Le situazioni contrattuali dei calciatori “professionisti” le conosciamo tutti, le tv sono piene di programmi, che trattano di calcio mercato; molto semplici sono i contratti di tipo “giovanile”, che hanno durata annuale, perciò al termine di ogni stagione calcistica il “giovane calciatore” è libero di trovarsi una nuova squadra. I “giovani calciatori” acquisiscono, al compimento anagrafico del 14° anno di età, la qualifica di “giovani dilettanti” e, al compimento anagrafico del 18° anno di età, quella di “calciatore non professionista”. Sempre secondo l’art. 31, ogni “calciatore non professionista” tesserato per una Società dilettantistica è vincolato alla stessa, fino al termine della stagione sportiva entro la quale abbia anagraficamente compiuto il 25° anno di età.
Toccherà oggi al T.A.R. del Lazio esaminare, con una prima udienza, il ricorso di Pasquale contro le norme della Lega Dilettanti, che gli stanno togliendo la possibilità di liberarsi da un contratto firmato da minorenne, per andare a giocare in una squadra in cui ci sono i suoi amici.
Dalla sua parte c’è anche il Presidente dell’Associazione Calciatori, Damiano Tommasi, che ha commentato: ”E’ una situazione assurda, solo in Italia e in Grecia resiste questa “catena”. Il vincolo, dalla sentenza Bosman in giù, non esiste per i calciatori professionisti, per i quali permane per la durata del contratto e comunque per non più di cinque anni. Nel caso di chi, invece, gioca non per professione, ma per divertimento, ci si lega anche per 7 o 9 anni. Si può dire che in centinaia di migliaia sono “incatenati”, infatti, nel 2004 si prevedeva un graduale abbassamento di quella soglia dei 25 anni, che non c’è stato. Non sappiamo cosa deciderà il Tar. Noi comunque andremo avanti, la base sente molto questo problema. Non possiamo credere che in centinaia di migliaia si debbano rivolgere al Tar. E’ assurdo. Comprendiamo che anche per la Lega Dilettanti è un problema delicato, ma qualsiasi programma per le prossime elezioni non potrà non tener conto di questa situazione. Che dobbiamo risolvere noi“.
Adesso la parola passa al Tar, ma una cosa è certa: La passione per il calcio non si può incatenare!