Nel nome del padre, di Herrera e dell’alter ego in staffetta Rivera. Sandro Mazzola, monumento coi baffi del calcio italiano, sorride con la consueta ironia al ‘gol’ dei 70 anni che segna in famiglia oggi. Sara’ l’occasione per ripassare in moviola emozioni e dolori della carriera strepitosa di uno dei piu’ grandi campioni del dopoguerra. Come Maldini, ha dovuto confrontarsi allo specchio con un gigante entrato nella leggenda, il padre Valentino simbolo del Grande Torino scomparso a Superga quando lui aveva 7 anni. I primi passi sui campi di calcio li percorre spinto da ‘Veleno’ Lorenzi, viene chiamato alle minori dell’Inter da Peppino Meazza, poi l’occasione dell’esordio in A proprio a Torino con la Juve nel 1961 quando Moratti in polemica con Umberto Agnelli (in ‘conflitto d’interessi’ presidente Figc) schiera la Primavera all’epilogo del campionato e i bianconeri senior vincono 9-1. ”Segnai un gol su rigore dopo che la mattina ero stato a scuola, una vettura dell’Inter venne a prendermi dopo le interrogazioni portandomi a Torino. Mia madre non vedeva di buon occhio la mia scelta. Sivori, che non voleva giocare, segno’ 6 reti”. L’anno dopo Herrara a sorpresa lo promuove titolare, comincia male e Antonio Ghirelli scrive ‘Se si chiamasse Pettirossi giocherebbe nel Pavia’. ”Ma poi – ricorda con affetto Mazzola – ai primi grandi gol mi ribattezzo’ Meazzola”. Herrera e’ il grande mentore di Sandrino, lo trasforma da centrocampista in punta nervosa, a tutto campo, perfetto per il contropiede di quell’Inter stellare che vince scudetti, due Coppa dei Campioni, due Intercontinentali entrando nel mito con Picchi e Burgnich in difesa, Facchetti fluidificante, Suarez immenso regista, Corso a inventare. ”Il Mago – ricorda – ha inventato il calcio moderno, negli spogliatoi ancora si fumava, lui allenava la testa prima delle gambe. Poi solo Mourinho e’ stato come lui”. Quell’Inter va di corsa e Mazzola brucia le tappe: ‘‘Nella finale di Vienna 1964 avevamo contro il Real di Puskas e Di Stefano, che brividi. Segnai il primo gol con un tiro da fuori e il terzo sfruttando un errore di Santamaria”.
La prima Coppa dei Campioni vinta non si scorda ma un altro flash e’ un gol favoloso a Budapest nell’edizione 1967 (poi persa in finale col Celtic): ”Superai avversari a grappoli, poi invece di tirare laterale tornai indietro dribblando altri avversari prima di segnare. Suarez mi disse: sei pazzo, ti avrei ammazzato se non avessi segnato”. L’Uefa considera quel gol il piu’ spettacolare in assoluto della storia della competizione, con Carosio in trance che scandisce il suo nome 6 volte di fila in tv. Con l’Inter vengono poi pagine amare: nel 1967 in pochi giorni sfuma scudetto a Mantova, Coppa Campioni e Coppa Italia. ”Una delusione incredibile – ricorda Mazzola – la fine del ciclo”. Ma con la sua squadra nella maturita’ ha un altro grande exploit: la rimonta al Milan (che gia’ aveva beffato dopo 13” nel suo derby d’esordio nel 1963) nel campionato 1971 col subentro di Invernizzi. Poi l’Inter chiude il ciclo perdendo la finale di Coppa Campioni con l’Ajax dell’emergente Cruyff e Mazzola e’ secondo solo all’olandese nel Pallone d’Oro 1971. Un altro capitolo basilare e’ la nazionale: Mazzola esordisce segnando un rigore col Brasile di un Pele‘ spento dal Trap nel 1963, la nazionale di Fabbri naufraga nel 1966 con la Corea del Nord (”Eravamo troppo giovani, subentro’ la paura”), poi diventa un punto fisso della nazionale campione d’Europa nel 1968 all’Olimpico. Non c’e’ nella prima finale con la Jugoslavia, ma partecipa al trionfale 2-0 con Valcareggi che lo schiera interno. Cominciano le polemiche per la coesistenza con Rivera e viene inventata la staffetta. ”Con Rivera ogni tanto ne parliamo e ci stupiamo ancora – ride amaro Mazzola – : solo nel paese di Machiavelli e di Coppi e Bartali si poteva trovare un simile compromesso per non decidere’‘. Nell’epopea messicana Mazzola gioca all’inizio, poi subentra Rivera e Sandrino non si gode i supplementari con la Germania.
”Ma quando sono uscito con la Germania stavamo vincendo, quindi… Con il Brasile poi abbiamo giocato per un’ora alla pari”. Uno dei ricordi piu’ cari e’ l’amichevole con la Svizzera, primo impegno dopo Messico. ”C’erano i fucili puntati contro di me, segnai il gol del pari a Berna dopo sei palleggi al limite dell’area e mi ripresi l’azzurro”. Poi altro compromesso di Valcareggi per non scontentare i due dioscuri del calcio italiano ai mondiali del 1974: Mazzola all’ala destra. Ma quell’Italia e’ alla frutta e l’eliminazione con la Polonia chiude un’epoca con il rinnovamento di Bernardini e poi il testimone a Bearzot. Mazzola conclude la sua carriera nel 1977, diventa dirigente nel Genoa, nell’Inter (blocca Platini che poi la societa’ si fa sfuggire) e nel Torino. Da anni e’ commentatore Rai. L’approdo ai 70 anni lo passera’ in famiglia : ”Nessun viaggio – conclude Mazzola – ne ho fatti abbastanza come giocatore, dirigente e commentatore, festeggeremo a casa con la mia tribu’ di 4 figli e 7 nipoti”.