Seedorf sui cori razzisti: “sbagliato fermare le partite”

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Clarence Seedorf non pensa dell’Italia come un Paese “razzista, generalizzare e’ sempre sbagliato. Ma l’Italia non e’ esente dal problema del razzismo – spiega in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera -. Io di episodi sulla mia persona non ne ho mai vissuti. Nel mondo, quando mi muovo, riesco a rompere le barriere con chi incontro. Non sono cieco, ma non vedo il colore. La Uefa ha dato i numeri: nel calcio europeo, a livello manageriale (panchina inclusa), le minoranze sono meno del 3%. Le cifre parlano chiaro. A me interessa che ci siano tolleranza e eguaglianza di opportunita’. E rispetto per tutti. La diversita’ non e’ un’opinione, e’ un valore aggiunto. Nel calcio lo e’ da molto tempo: le squadre con cui ho vinto tutto, per esempio, erano un simbolo di diversita’. Il messaggio e’ da far passare anche con leggi adeguate, che costringano ad aprire gli occhi anche chi vuole rimanere ignorante”.

LaPresse/Reuters

Fermare le partite? “E’ sbagliato – dice Seedorf al Corriere della Sera -. Dell’episodio di Koulibaly in Inter-Napoli so tutto. Non ho parlato con Kalidou ne’ con il mio amico Carlo Ancelotti, ma ho opinioni precise. Sono troppi anni che in Italia si accettano i cori razzisti che partono da piccoli gruppi di ultra’. Il 99% delle persone allo stadio sono veri tifosi, che hanno il diritto di assistere allo spettacolo per il quale hanno pagato. Non sono d’accordo con lo stop del gioco e l’uscita dal campo. Si deve intervenire con leggi adeguate, che permettano alle autorita’ di intervenire subito identificando i tifosi ed espellendoli, come si fa in Premier League: cosi’ l’Inghilterra ha risolto l’enorme problema degli hooligans. Ma non solo. Non tutti i giocatori hanno la forza emotiva di Dani Alves, che in risposta alle provocazioni razziste durante un Villarreal-Barcellona raccolse la banana che gli fu lanciata, la sbuccio’ e se la mangio’. Mitico. E’ quello l’esempio da seguire”.

“Bisogna essere superiori. Io avrei fatto due gol! Certo non tutti abbiamo la capacita’ di mettere in moto un circolo virtuoso da un episodio che ci ferisce, ma la sfida e’ proprio questa. Smettere di giocare significa dare ragione ai razzisti, fare il loro gioco. E, alla fine, rovinare la festa”. “Tutto lo stadio dovrebbe applaudire: 70 mila persone che applaudono, neutralizzano i fischi di pochi. Mi e’ stato suggerito da un tifoso su Instagram. E poi intervenga lo speaker: metta della musica, degli applausi finti ad alto volume. Cancellerebbero tutto il resto. Davanti ai buuu razzisti tutti devono reagire, altrimenti si finisce per essere complici. E questo anche fuori dallo stadio”. Tornerebbe ad allenare in Serie A. “Mi piacerebbe. Ho due figli nati in Italia, che non sono bianchi e che a questo Paese, come me, sono affezionati”.

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