Tra il 2013-14 e il 2017-18 le società di Serie A hanno accumulato 2.673 milioni di euro di plusvalenze da cessione di giocatori. E’ quanto emerge da un’inchiesta de “La Gazzetta dello Sport”, che ha analizzato i bilanci delle ultime cinque stagioni. Il dato incredibile è che solo nell’ultima stagione le plusvalenze hanno rappresentato un quarto delle intere entrate della Serie A. Nel quinquennio preso in esame solo la Premier League ha registrato un livello di plusvalenze pari a quello del nostro campionato, mentre Bundesliga e Liga sono nettamente indietro. Plusvalenze che in Serie A sono incrementate negli ultimi anni, arrivando persino a raddoppiare da una stagione all’altra. La Figc ha abolito le comproprietà nel 2015, ma le società hanno trovato il modo per scambiarsi comunque i calciatori. La Figc ha imposto una stretta: le plusvalenze potranno essere registrate soltanto al momento dell’esercizio o della rinuncia del diritto al riacquisto, possibili solo nel primo giorno della sessione di mercato estiva della seconda stagione successiva alla cessione definitiva.
Le regine di questi affari sono Roma e Juventus. E se i giallorossi hanno ottenuto gran parte dei profitti dalle cessioni di Alisson e Manolas, arrivando (insieme ad altre operazioni) ad incassare 331 milioni, a destare scalpore sono altre operazioni. Juventus e Inter in particolare hanno raggiunto grandi cifre senza dover cedere i “big”, ma attraverso i trasferimenti di alcuni giovani. C’è chi cede per esigenze di cassa, chi per rientrare nei parametri regolamentari. Ma quante di queste operazioni sono vere? Il caso più eclatante è quello tra Chievo Verona e Cesena con scambi e contro-scambi di giovanissimi tesserati. Clamoroso fu il caso di tre giovani (Bartoletti, Sarini e Andreoli) che il 1° luglio 2016 passarono dai romagnoli ai veneti per poi fare il percorso inverso soltanto 12 giorni dopo. Risultato: il Cesena mette a bilancio i 5 milioni di plusvalenza e si ritrova in prestito i tre giovani calciatori.