Tanti auguri a…Bora Milutinovic: l’allenatore giramondo, il suo clamoroso record e il colloquio con Dio

Bora Milutinovic, mitico allenatore serbo compie oggi 75 anni. Il tecnico è detentore di un particolare record. Aneddoti leggendari lo circondano
CalcioWeb

Velibor Milutinovic nato a Bajina Bašta nel 1944, o forse nel 1940 (perché pare che abbia deciso di ringiovanirsi di 4 anni), è un personaggio quantomeno bizzarro. Bora, questo il suo soprannome, era un centrocampista. Giocò in patria con il Partizan Belgrado, ma anche in Svizzera, Francia e Messico. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Milutinovic capisce che il suo futuro sarà in panchina. E ci vede lungo. Nel 1977 si siede per la prima volta sulla panchina dei Pumas, non sapendo ancora che diventerà una leggenda. Dopo aver vinto diversi titoli con i messicani, la Federcalcio gli affida la Nazionale Tricolor. E lui compie l’impresa. Ai Mondiali del 1986, in casa, eguaglia il risultato del 1970 raggiungendo i quarti di finale. Da questo momento in poi non si fermerà più, letteralmente. perché il buon vecchio Bora diventa un giramondo. San Lorenzo de Almagro in Argentina, Udinese in Italia, le Nazionali di Costa Rica e Stati Uniti, oltre al ritorno sulla panchina del Messico. E ancora Nigeria, New York Red Bulls, Cina, Honduras, Al Sadd, Giamaica, Iraq.

In particolare, Milutinovic è uno specialista delle imprese impossibili. Al Mondiale del ’90 dichiara all’intero universo che passerà il girone, dopo la prima storica qualificazione alla fase finale. E ce la fa. Batte Scozia e Svezia e perde di misura contro il Brasile. Con gli Usa passa il primo turno e viene eliminato dal Brasile, futuro campione del Mondo nel 1994. Arriva la chiamata della Nigeria per il Mondiale del ’98. Una nazionale, quella africana, piena di talento, come non mai. E un Jay Jay Okocha a guidare il gruppo. Compie il miracolo di dare ordine ad una Nazionale in cui spesso ognuno vagava per conto suo. Arriva agli ottavi e viene eliminato dalla Danimarca. Nei primi anni 2000 accetta la proposta della Cina, illudendosi di poterla portare al Mondiale del 2002. E ci riesce, diventando una sorta di eroe nazionale dalle parti di Pechino. Parla cinque lingue: serbo, inglese, spagnolo, francese, italiano, qualche parola in russo e in mandarino. Unico allenatore nella storia del calcio ad aver disputato cinque mondiali con cinque nazionali differenti.

Tanti gli aneddoti particolari nella sua carriera e non poteva essere altrimenti visto il personaggio. Racconta Milutinovic: “Il Costa Rica era una squadra molto religiosa, il nostro portiere Luis Gabelo Conejo andava sempre in porta con un rosario e una croce. Dovevamo pregare a tavola e portare nello spogliatoio una statua della Madonna di Cartago, patrono di Costa Rica, toccandola prima di entrare in campo. Mi era già capitato quando allenavo in Messico, dove avevo un giocatore, Abuelo Cruz, cui bisognava prenotare la camera doppia o lasciare un posto libero sul pullman e a tavola, perché Dio viaggiava con lui”.

Milutinovic racconta anche un altro episodio curioso alla vigilia della rassegna iridata del 2002. In un colloquio intimo con Dio in una chiesa, l’allenatore chiese di poter segnare lo stesso numero di reti della Francia, campione del mondo in carica. Nel Mondiale di Corea e Giappone sia la Francia che la sua Cina chiusero a zero gol segnati. Il ct ne uscì con una battuta che descrive al meglio il personaggio, rispondendo a chi gli faceva notare che era riuscito nell’intento: “Già, peccato che io mi riferissi alla Francia del ’98”. Oggi a 75 anni Bora Milutinovic forse si fermerà o forse no, chissà. Quel che è sicuro è che se ripartirà sarà da un’altra parte del mondo, una mai visitata. Una nuova sfida, ovviamente da vincere.