Nato ad Accra il 24 dicembre del 1980, parliano di Stephen Appiah. Dopo gli esordi in Ghana arriva in Italia, all’Udinese. Nel 2000 passa al Parma, quindi al Brescia, dove fa vedere le cose migliori. Sono 7 i gol in 31 presenze. Viene notato dalla Juventus, in bianconero rimane due stagioni. Va poi in Turchia, al Fenerbahce, poi chiude con Bologna, Cesena e Vojvodina. Una carriera condizionata fortemente dagli infortuni e dal carattere.
Risulta essere debitore nei confronti dell’avvocato Mattia Grassani e dei procuratori Dario Canovi e Santiago Morrazzo di circa un milione di euro e per questo motivo inizia il suo peregrinare in giro per il mondo. Non pagava nemmeno le bollette della luce. La moglie e i tre figli vivono in una villetta con garage sulla collina di Torino, ma lui ha eletto domicilio personale a Nichelino, in un casermone popolare abitato da extracomunitari senza permesso di soggiorno. L’ufficiale giudiziario, terrorizzato ogni volta che deve avvicinarsi a quel palazzo per recapitargli una raccomandata, ha stilato un rapporto di “irreperibilità strutturale”. A Stephen Appiah ha chiesto i danni anche il vecchio padrone di casa di Torino, per una festa d’addio con la comunità ghanese e ragazze ucraine: sfasciarono tutto sradicando lavandini e infissi: oltre 400 mila euro di danni, di cui ne sono stati recuperati solo il 10%.
Una disputa anche con il Fenerbahce. La squadra di Istanbul, per un’embolia a una gamba mal curata, “ha rischiato di mandarlo al creatore”. Appiah ha chiesto 21 milioni di risarcimento ai turchi, comprensivi della Coppa d’Africa saltata in patria, e il Fenerbahce ha replicato con una “fattura danni” da 12 milioni per mancato rispetto del contratto. Appiah, ancora oggi, continua la sua fuga. Come a dire “E io non pago”.