Il 20 febbraio del 1979 si spense dopo una breve malattia Nereo Rocco, allenatore vulcanico e vincente. Il nome di Nereo Rocco è legato soprattutto ai suoi trofei. Come allenatore il Paròn (capo, dal dialetto triestino) guida diverse squadre, ma è con il Milan che vince a ripetizione sia in campo nazionale che internazionale. Inventore del catenaccio, ossia di quella tattica volta soprattutto alla fase difensiva, la scuola di Rocco ha avuto soprattutto nel calcio italiano tantissimi seguaci. Con un giovanissimo Gianni Rivera in campo, Nereo Rocco vince lo Scudetto già nel campionato d’esordio al Milan. Nella stagione successiva, quella 1962-1963, diventa il primo allenatore a trionfare in Coppa dei Campioni con una squadra italiana: i rossoneri battono a Wembley il Benfica del fuoriclasse Eusebio grazie alla doppietta di José Altafini.
A Nereo Rocco è intitolato lo stadio della Triestina. Una statua che lo ritrae con la mano a coprire gli occhi dal sole campeggia anche a Milanello. Un uomo dall’aspetto duro e burbero ma buono e divertente. Alcune delle sue frasi sono poi passate alla storia, come per esempio “El calcio xe semplice: uno in porta e 10 fora”. Memorabile anche la battuta detta quando allenava la Triestina, prima di un match contro la Juventus, squadra molto più forte: nel momento in cui gli venne augurato “vinca il migliore”, lui ribatté “speremo de no…”. Altre sue frasi celebri sono: “Mi te digo cossa far, ma dopo in campo te ghe va ti” e “A tuto quel che se movi su l’erba, daghe. Se xe ‘l balon, no importa”.