La pandemia di Coronavirus durerà ancora per 18-24 mesi, ovvero fino a quando il 60-70% della popolazione mondiale non avrà contratto la malattia, E’ questa l’analisi condotta dal Center for Infectious Disease Research and Policy dell’Università del Minnesota, riportata dalla CNN. “Questa cosa non si fermerà finché non infetta il 60-70% della popolazione“, ha dichiarato all’emittente Mike Osterholm, direttore del CIDRAP e uno degli autori dello studio: “L’idea che finirà presto sfida la microbiologia“. Un altro autore della ricerca, Marc Lipsitch, epidemiologo della “Harvard School of Public Health” ha affermato che, “sulla base delle più recenti pandemie di influenza, questa pandemia durerà probabilmente dai 18 ai 24 mesi“, un periodo durante il quale “l’immunità di gregge si sviluppa gradualmente nella popolazione“. Un vaccino potrebbe essere d’aiuto, spiegano gli autori, ma “probabilmente non sarà disponibile almeno fino ad una data imprecisata del 2021“.
La seconda ondata
Il timore adesso è “una seconda ondata di contagi, che potrebbe essere anche peggiore della prima: sicuramente lo sarebbe dal punto di vista dell’impatto sul morale delle persone che hanno già sperimentato due mesi di quarantena a casa“: sono le dichiarazioni di Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani, infettivologo del comitato tecnico scientifico, in un’intervista al Corriere della Sera. “È legittimo e comprensibile che si voglia tornare alla normalità man mano che si vede che i numeri migliorano. Ci sono regioni dove i numeri sono rassicuranti. Ma non lo sono dappertutto. La decisione di come riaprire, se in maniera univoca o differenziata, è squisitamente politica. Ma il rischio è l’eccesso di ‘entusiasmo’, il pensiero che sia finito tutto e si possa ricominciare come se niente fosse. Purtroppo non è così, non lo sarà per molto tempo ancora“. Secondo l’infettivologo, a questo punto la responsabilità individuale “è fondamentale. È certamente più facile contenere l’epidemia come hanno fatto in Cina, ma la nostra fino a prova contraria è una democrazia, e in democrazia puoi comprimere i diritti individuali sino a un certo limite che forse noi abbiamo già valicato e che prima o poi (meglio prima che poi) dobbiamo tornare a rispettare“.
“Vista la diffusione del virus (siamo ormai oltre i tre milioni di casi accertati ufficialmente in tutto il mondo, ma quelli reali sono certamente molti di più) la convivenza è inevitabile. Le uniche armi che abbiamo ora sono quelle non farmacologiche, quindi distanziamento sociale, igiene delle mani, uso delle mascherine. Al momento in Italia solo il 4-5% della popolazione, cioè circa 2,6 milioni di persone, ha ‘incontrato’ il virus. Significa che circa 56 milioni di italiani sono ancora ‘territorio vergine’ per il Sars-CoV-2“.