Il calcio si interroga sulla ripresa dei campionati, è arrivato dunque il momento dei bilanci. Interessante intervista rilasciata da Ciccio Graziani in esclusiva ai microfoni di Roma Talk Radio.
LA ROMA – “Pruzzo da fermo era straordinario. Io ero bravo quando riuscivo a prendere quei due metri di partenza per scattare in alto. Roberto, invece, aveva un’elasticità muscolare strepitosa. Oggi i difensori sono più bravi a impostare e sono più bellini da vedere, ma francamente nella marcatura sono meno bravi. Alcune settimane fa ho visto un’intervista di Pietro Vierchowod che si lamentava di questo, degli errori di concetto da parte dei difensori incredibili. Poi giocando in linea, basta mettersi tra le linee, basta che filtra e va in porta. Prima avevi il tuo marcatore, poi avevi il libero ed era molto più difficile fare gol”.
GLI ALLENATORI – “Dal punto di vista umano credo che Gigi Radice sia quello che mi ha dato di più, sono stato sei anni con lui e abbiamo vinto uno scudetto insieme. Anche se qualche volta ci scappava qualche litigata, era nella norma discutere su alcune cose. Con gli altri ho sempre raccolto qualcosa, ho sempre cercato di prendere il meglio. Con Liedholm per esempio non c’era un grande rapporto comunicativo, perché parlava poco e dovevi capirlo attraverso certi suoi comportamenti. Era un tecnico silenzioso ma con lui ho imparato molto. Bearzot era un fratello maggiore prima che un tecnico, un papà. Potevi parlare di tante cose, anche di problemi finanziari. Era una persona che ti ascoltava anche per 3 ore di seguito senza mai annoiarsi. Io da tutti ho cercato di prendere qualcosa”.
IL RETROSCENA – “Nela era terrorizzato. Lui non mangiava molto, ma tendeva a ingrassare. Poi aveva questa massa muscolare clamorosa. Non a caso lo chiamavano Hulk i tifosi. Quando c’era il peso, si nascondeva e i giorni prima stava attento a tutto. Era un dramma se ti trovavano con un chilo o 500 grammi in più”.
Cosa accadde nel girone di ritorno, con Roma-Milan e Agostino Di Bartolomei e Liedholm già rossoneri? “A fine partita nulla, ci siamo abbracciati. C’è stato un momento di tensione durante la partita, perché il Milan voleva fare risultato e noi anche. Tra l’altro venivamo da un buon periodo e volevamo andare in finale in quella manifestazione. Ci fu un paio di contatti in fase difensiva, con qualche screzio. Io ero nervoso, lui pure, nel contenderci la palla lui mi ha dato una spallata, io mi sono girato, l’ho preso un po’ per il collo e l’ho steso. Però sono quelle cose che succedono in campo perché siamo sanguigni, ma a fine partita con Agostino ci siamo abbracciati. Tra l’altro lui è uno di quelli che quando è stato a Roma sentivo più vicino. Lo chiamavamo il capitano silenzioso, era introverso e parlava poco. Scherzava anche poco e non sapevi come prenderlo a volte. Però per noi era un grande punto di riferimento, perché era sempre preciso negli orari, nel lavoro. Io ero tra quelli con cui lui rideva e scherzava di più, quello screzio ci fece male a tutti e due. Andai più io ad aggredire lui che lui a me, ma a fine partita ci siamo cercati e abbracciati. Tutto è finito lì”.
“Era stato qualcosa in campo e ci siamo detti qualcosa verbalmente, qualche vaffa. Ma niente di serio, un po’ di nervosismo e di adrenalina. Come è normale che sia. Io a fine partita non l’ho abbracciato perché lui andò subito negli spogliatoi, ma dopo l’ho cercato e ci siamo abbracciati, facendoci una risata. Quando arrivai a Roma, nel ritiro di Brunico, ero in camera con Agostino”.
L’OLIMPICO – “C’erano 80 mila persone ma non se ne vedeva una. C’era Platini vicino a me e mi disse: “Ma cazzarola, io uno spettacolo così nella mia vita non l’ho mai visto”. Gli dissi: “Vedi Michele alla Juventus vincerai gli scudetti, ma se giocavi nella Roma ti avrebbero fatto papa, sai quanto ti avrebbero amato? Guarda che spettacolo”. Che fosse da brividi me lo disse Platini. Tra l’altro poi vincemmo 3-0 dandogli una bella lezione”.