Ora, con tutto il rispetto per quello che è stato Andrea Pirlo da calciatore, e con tutto il rispetto per la Parrocchia, ma come può un nuovo allenatore (nuovo in tutto, nel senso che non ha mai allenato neanche un minuto in nessuna categoria del mondo, neanche in Parrocchia appunto) essere esaltato eccessivamente, elevato al Rinus Michels de noantri come fosse chissà quale grande innovatore di idee teoriche su cui anche il mio allenatore ai Pulcini ci sarebbe arrivato?
Calcio di possesso, propositivo, riconquista immediata del pallone, ampiezza di campo, portieri e difensori come dei registi. Tutto giusto, tutto bello, tutto affascinante. Peccato sia stato scritto su carta e, si sa, sul terreno di gioco è tutt’altra cosa. Si è anche parlato di 2-3-5 in fase offensiva come il più comune degli Oronzo Canà. Ma la realtà forse è un’altra. La realtà è che, prima di lui, in tanti hanno inteso – teoricamente – il calcio in questo modo, ma in pochi, pochissimi, sono riusciti poi a metterlo in pratica. Perché nel calcio non bastano le idee teoriche ma servono anche pazienza, società serie a supportarti, tanta psicologia, gestione dello spogliatoio e, soprattutto, calciatori adatti ad un determinato sistema di gioco. Non per niente, tra l’altro, la tesi di Pirlo si chiama “Il calcio che vorrei”. Vorrebbe che fosse così, lo spera. Proverà a lavorarci, ma tutto ciò che porta dietro non gli basta. Gli serviranno anche doti come il carisma e la gestione dei momenti critici, in alcune circostanze.
Premessa: rispetto a tanti altri, per quello che hanno dato da calciatori, lui si confà molto di più all’abito di allenatore, lo è stato detto in tanti modi negli ultimi mesi. Lui allenatore lo era già, in campo, e tutti lo seguivano. Lui, poi, è “Il Maestro”. Uno dei calciatori migliori di sempre nel suo ruolo, un geometra assoluto, il cervello della squadra. Un calciatore, specie se alle prime armi, non avrà di certo di cui discutere se un allenatore come Pirlo gli darà un consiglio.
Bene, questo è già altro, questo è già diverso. Saranno queste le doti principali che lui dovrà sfruttare principalmente, almeno all’inizio. Ciò che già sa fare, e anche bene. Le idee, quelle, ben vengano. Ma sono idee che già si conoscono. Non c’è nulla di innovativo. Sono le innovazioni dell’attuale calcio europeo, le innovazioni che – a vario titolo – stanno già mettendo in campo i migliori sulla piazza, tra i vari Guardiola, Klopp e compagnia. Cosa può portare di innovativo Pirlo? Nulla, se non presentare una tesi passata come fosse la migliore di sempre solo perché resa pubblica con tanto di file integrale facilmente riscontrabile in rete (fino a poco tempo fa non si poteva). E pubblicizzata a dovere dai più grandi media nazionali come fossimo davanti al 2-3-5 degno della Nazionale Italiana campione del mondo nel 1938. Per non dimenticare che, queste idee (con un punteggio di Laurea anche superiore), le ha proposte anche Thiago Motta, che al momento non sembra sia rimasto nei ricordi dei club e dei tifosi come fosse il nuovo Sacchi.
Detto ciò, chi scrive è un fan di Pirlo e dei giocatori come lui. Lo considera tutt’ora uno dei migliori interpreti del ruolo e pensa veramente che possa diventare anche un grande allenatore. Ma per arrivare al successo serve quello che è servito a tutti. E lo abbiamo detto sopra. Tante caratteristiche e incastri, oltre a un po’ di fortuna. Le idee? Se si è grandi, quelle sono quasi scontate. E non hanno di certo bisogno di pubblicità. La pubblicità, semmai, arriverà dopo il raggiungimento di diversi e soddisfacenti risultati. Ma non è questo il momento, certamente. Anche perché i poveri bambini della Parrocchia stanno ancora aspettando…