Il Genoa non ci sta dopo il match della 27ª giornata del campionato di Serie A contro l’Inter. La sfida di San Siro si è conclusa sul risultato di 2-1 e gli ospiti hanno protestato tantissimo per il calcio di rigore concesso ai padroni di casa. “La rabbia non so cosa sia, il calcio è un gioco. Ieri ho voluto dare un segnale di responsabile disapprovazione, in modo educato ma fermo.
Alla base di tutto c’è il rispetto. Il mestiere dell’arbitro è ingrato e io sono istituzionalmente dalla loro parte ma” i fischietti “non vengono aiutati, sono tratti in inganno dalle urla dei calciatori che si piroettano come pagliacci simulando traumi inesistenti. Poi vai a vedere e scopri che quello che mima l’aver subito un trauma cranico ha preso una pedata nel sedere in un normale contrasto di gioco”. Sono le dichiarazioni a Rai Radio1, a ‘Un Giorno da Pecora’, del presidente del Genoa Alberto Zangrillo, che ieri ha abbandonato lo stadio.
Zangrillo sul rigore e sul calciatore Barella
“Queste cose capitano ogni domenica, il nostro allenatore non sgambetta come un tarantolato in panchina e ogni volta che ha alzato il dito è stato ammonito o espulso”.
Sull’episodio: “perché non è stato fatto vedere all’arbitro l’immagine dove si vedeva che non era rigore? “Lo ignoro completamente, sicuramente non fa bene allo sport. Bisogna lavorarci facendo come me, senza digrignare i denti. I calciatori del Genoa hanno un codice deontologico: se uno di loro simula e si piroetta come un tarantolato viene punito, cosa che non vedo in squadre più blasonate che lottano per andare in Champions”.
“Voglio bene a Barella, che è un calciatore della Nazionale e un grande professionista. Però quando vedi che fa sette piroette perché viene toccato dopo aver toccato la palla e questo si piroetta con urla lacerante è chiaro che l’arbitro viene tratto in inganno”.