A tutto Percassi: “Vi svelo cosa ho fatto per l’Atalanta. Noi come il Leicester? Ecco cosa dico”

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Antonio Percassi, presidente dell’Atalanta, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di ‘Repubblica’ nella quale ha analizzato il momento della formazione orobica e svelato alcuni aneddoti del passato:  Alla fine, quel che conta, quel che rimane, non sono i soldi ma le esperienze di vita fatte, le emozioni provate. La più incredibile perché mai provata prima, la vittoria sull’Everton in Europa League, quando pensavamo di perdere 3-0 e invece alla fine del primo tempo il 3-0 era per noi”.

Fare il presidente è più complicato che fare l’imprenditore: “Senza dubbio. Se conosci bene la tua materia e il mercato, raggiungi risultati. Nel calcio puoi solo sperare di sbagliare il meno possibile. Dalla sera alla mattina vieni smentito. Una società di calcio non è mai solo tua. Di notte, prima di andare a dormire, mi capita di leggere i giornali dell’indomani: dell’Atalanta ne sanno più di me se quel giorno non ho avuto il tempo di sentire i miei collaboratori. Faccio il presidente perché è bello fare felice la gente. Se le cose vanno bene, come per noi nell’ultimo anno, gli appassionati ti sono riconoscenti. Ti fermano per strada per dirti “grazie” con le lacrime agli occhi. E questo non ha prezzo”.

Percassi(LaPresse/Mauro Locatelli)

In tribuna il patron della ‘Dea’ preferisce essere solo: “Sì, non voglio nessuno a fianco. La poltrona vicina deve rimanere vuota. Perché fuori cerco di controllarmi, ma dentro sono un vulcano”.

Atalanta come il LeicesterIo tocco ferro e rispondo che l’obiettivo è la salvezza. Mi impedisco di sognare e se anche vado oltre per un secondo, subito torno indietro. Molti giovani in rosa? “È sempre stata una caratteristica della società, si era un po’ persa. Nel settore giovanile abbiamo investito e investiremo molto. In generale credo nei giovani, l’età media dei miei dipendenti è di 28 anni e l’85 per cento sono donne”.

Sul rapporto con i tifosi: “Da due anni non succede nulla. Abbiamo affrontato il problema in modo semplice, col dialogo. Abbiamo con loro un filo diretto continuo e abbiamo cercato di far passare il messaggio che se vogliono bene alla squadra non la possono tradire provocando incidenti. Invece di creare muri, abbiamo gettato ponti, abbattendo le barriere allo stadio. I risultati ci danno ragione. Gli ultrà dell’Atalanta sono dei matti in senso buono, bravi ragazzi, gran lavoratori, vanno in trasferta, anche all’estero, e la mattina dopo sono nei cantieri a lavorare. Non abbiamo mai regalato loro nemmeno un biglietto perché sarebbe offensivo. Potrebbero pensare che cerchiamo di comprarli”.

LaPresse/Alessandro Fiocchi

Percassi infine svela di aver spostato il funerale di suo padre per l’Atalanta, quando era calciatore: “Mio padre era già scomparso quando avevo 20 anni. Morì di venerdì, aveva fatto il minatore e si era preso la silicosi. Il sabato mi chiamò l’Atalanta per chiedermi se me la sentissi di giocare perché si era fatto male un difensore. Risposi di sì e spostammo il funerale. Era un derby col Brescia, perdemmo 1-0“.

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