Un bidone è per sempre: Mario Jardel

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JardelPuò uno dei più grandi attaccanti degli anni novanta, finire mestamente nella disonorevole categoria dei bidoni del calcio italiano? Non è per nulla frequente, ma i fatti ci raccontano che può accadere: l’emblema perfetto di ciò è Mario Jardel, uno dei tanti scarponi che l’Ancona iscritta al campionato di Serie A 2004/2005 aggregò alla rosa. Una rosa scapestrata che, a leggerla oggi, è davvero una sorta di bibbia del bidone, tanti sono i fenomeni parastatali (per citare la Gialappa’s) presenti in quella squadra.

Ma andiamo a Jardel. Il nome del centravanti brasiliano non è certo quello di uno sconosciuto. Dopo aver cominciato la sua carriera in Brasile, il suo paese di nascita, giocando e vincendo titoli importanti con club come Vasco da Gama e Gremio, arriva in Europa a 23 anni: a comprarlo è il Porto, del quale Jardel diventa presto un terminale implacabile. Il brasiliano viene eletto idolo delle folle, è bomber doc, di quelli che non lasciano scampo alle difese avversarie. Non solo nella non eccelsa Liga portoghese, ma anche in Europa: il nome di Jardel, nei tabellini delle partite di Champions League, lo si legge spesso e volentieri.

Al successo in campo europeo, però, non corrisponde altrettanta brillante carriera con la maglia della nazionale brasiliana: viene convocato raramente (la prima volta del 1996) ma i suoi connazionali non lo adorano. Jardel è infatti un centravanti possente, fisico e prestante, per nulla dotato di tecnica, e dunque ben lontano dai canoni tecnici dei vari Ronaldo, Bebeto e Romario che, in quegli anni, deliziano il popolo brasiliano. Spesso Jardel viene accostato ai più grandi club dell’elite europea: Manchester United, Juventus, Inter e Barcellona lo seguono spesso, senza mai affondare il colpo.

Ad ogni inizio stagione, infatti, Jardel rimane sempre al Porto: così va fino all’estate del 2000, quanto Jardel, dopo aver segnato 130 goal in 125 partite segnate ed aver vinto tre campionati portoghesi, tre Supercoppe e due Coppe di Portogallo, oltre che una Scarpa d’Oro, si trasferisce in Turchia, al Galatasaray. L’avventura sul Bosforo di Jardel conferma quanto implacabile sia il centravanti: in una stagione, peraltro non giocata interamente a causa di un infortunio, Supermario segna 34 goal in 24 partite, vincendo la Supercoppa Europea (per lui una doppietta, decisiva, rifilata al Real Madrid) e la Coppa di Turchia.

Dopo una sola stagione torna in Portogallo, stavolta allo Sporting Lisbona: qui rimane due anni, siglando quasi 80 goal. La sua annata d’oro è la 2001/2002, quando in campionato segna 42 goal in 30 partite, numeri che gli valgono la seconda Scarpa d’Oro della carriera. Vince, inoltre, un altro campionato portoghese, una Coppa ed una Supercoppa di Portogallo. Presto, però, inizia per Jardel un periodo terribile: il divorzio dalla moglie lo segna terribilmente, causandone quello che, col tempo, si rivelerà un declino irreversibile. Nell’estate del 2003, dopo aver litigato con lo Sporting Lisbona, per via di un mancato rientro dal Brasile, emigra in Premier League, dove lo ingaggia il Bolton: avventura disastrosa per Jardel che gioca pochissimo e non segna assolutamente.

Al punto che, dopo sei mesi, nel gennaio del 2004, viene spedito in prestito all’Ancona che, come già detto, contiene al suo interno una vasta gamma di bidoni e meteore: giusto per fare qualche nome, Mads Jorgensen, Magnus Hedman, Marko Perovic e Luciano Zavagno. Nel giorno della sua presentazione, Jardel si presenta in uno stato di forma pietoso: è grasso, a dir poco, e l’impressione è che dovrà impegnarsi moltissimo per tornare ad una condizione degna. Il suo esordio avviene quando l’Ancona, giocando contro il Milan, ne prende 5 senza segnarne neppure 1: Jardel gioca in maniera imbarazzante, come sempre farà nelle uniche altre due occasioni in cui verrà mandato in campo.

A marzo, tra la disperazione generale, l’Ancona decide di rescindere il contratto con il calciatore che torna così al Bolton. Quella che, dunque, doveva essere per lui la carta del rilancio, è invece la porta che gli chiude, definitivamente, le speranze di tornare ad essere un giocatore di calcio: ad appen 31 anni, Jardel non può che rassegnarsi a vivacchiare strappando ingaggi qua e là in giro del mondo. Basti pensare che, dal 2004 in poi, veste le maglie delle seguenti squadre: Newell’s Old Boys (Argentina), Deportivo Alaves (Spagna), Goias (Brasile), Beira Mar (Portogallo), Anorthosis Famagosta (Cipro), Newcastle Jets (Australia), Criciuma (Brasile), Flamengo PI (Brasile), Chernomorets (Bulgaria), Rio Negro (Brasile) ed Al Taawon (Arabia Saudita), ultimo club nel quale gioca, quando l’anno è il 2012.

In tutti questi anni, Jardel si dimostra un ex giocatore, e ad aggravare la situazione è la confessione fatta pubblicamente, nel 2008, di essere un cocainomane che sta cercando di combattere la propria dipendenza. Per quel che riguarda le squadre sopra citate, sia chiaro che il Flamengo PI era semplicemente una squadra della Serie D brasiliana, e non la ben più famosa ex squadra di Leo Junior, ed il Rio Negro una squadra locale dell’Amazzonia. Insomma, la carriera di Jardel è andata crescendo sempre più, fino a conoscere una repentina caduta, per via di una brutta delusione familiare. In Italia è arrivato quando quel Supermario che si era conquistato la stima di tutta Europa, era ormai degradato ad un pancione con nessuna voglia di giocare. Peccato, perchè in Italia Jardel si è meritato la palma di bidone assoluto, quando il suo passato è stato da centravanti di fama europea.