Odiati per cessioni, sconfitte e acquisti sbagliati, elogiati per le vittorie e per il campione di turno acquistato: il destino dei presidenti di Serie A rimarrà sempre e comunque questo, con buona pace del passato, che per quanto glorioso, sarà sempre oscurato dal presente.
Silvio Berlusconi lo ha capito meglio di chiunque altro quest’anno, con la contestazione ormai ad oltranza dei tifosi, che nonostante anni di vittorie e trofei conquistati, non gli perdonano gli ultimi anni di buio e l’evidente ridimensionamento.
Il presidente rossonero può comunque consolarsi: nonostante i parametri zero e i rubinetti per il mercato chiusi, rimane il patron più ricco della Serie A, con un patrimonio stimato di 5 miliardi e 400 milioni di euro, guadagnati grazie a Mediaset, Banca Mediolanum e la Mondadori, tutti pezzi della sua società, la Fininvest.
Subito dopo possiamo trovare Andrea della Valle, presidente della Fiorentina che con le sue Hogan, si guadagna la seconda piazza, con 1 miliardo e poco meno di 100 milioni di euro. Decisamente più staccati tutti gli altri, con Giorgio Squinzi del Sassuolo, amministratore unico della Mapei, che si fa rispettare con i suoi 590 milioni, appena sopra i 308 milioni di giocattoli di Enrico Preziosi.
C’è poi il caso di Andrea Agnelli: il presidente della Juventus è a capo della società più ricca dell’intero campionato, ma essendo solo un membro del CDA della Exor, in questa speciale classifica è costretto a guardare tutti dal basso. Un pò come Aurelio de Laurentiis, bravo ad investire in questi anni, nonostante un patrimonio nettamente inferiore a quello delle grandi.
Poi c’è il personaggio dell’anno: difficile reperire notizie sulle risorse economiche della famiglia Ferrero, anche a causa del meccanismo di partecipazioni incrociate tra le varie società della holding (che coinvolgerebbe anche la moglie, detentrice di diverse quote azionarie). Una matrioska che non contribuisce a chiarire il quadro, ma bisogna dire che questo sistema a scatole cinesi è comunemente usato da molti gruppi imprenditoriali nostrani.
Il patrimonio immobiliare del presidente doriano sarebbe costituito da 9 sale cinematografiche, concentrate in gran parte a Roma, e il valore dell’azienda, citando l’atto costitutivo, ammonterebbe a poco più di 8 milioni di euro.
Ma secondo le indiscrezioni, Ferrero avrebbe versato nelle casse blucerchiate 14 milioni che, sommati ai 30 versati da Garrone, avrebbero ridotto drasticamente l’esposizione con le banche da parte della società (da 60 milioni di indebitamento si sarebbe passati a 16). In parole povere: il vulcanico patron doriano sta mostrando una grande abilità, aumentando i ricavi del club, diminuendone nettamente le spese.
Ci sono poi i presidenti di provincia, costretti ad ottenere la salvezza ogni anno, con investimenti mirati ed un lavoro di programmazione importante: Campedelli del Chievo, proprietario della Paluani (280 milioni il suo patrimonio), è il massimo esempio di tutto questo, ma ancor più evidente è il caso Maurizio Setti del Verona, attivo nel settore dell’edilizia e con “soli” 84 milioni in banca.
Decisamente diverso è il caso di Erick Thohir, che attraverso la sua holding, TNT Group (TriNugraha Thohir Group), controlla molte partecipazioni azionarie di aziende in molteplici settori, come l’automotive, la raffinazione di gas naturale, la ristorazione, l’immobiliare, i media e in particolare nel settore del carbone (l’Indonesia è il quarto produttore mondiale di carbone).