Il basket italiano, prima che Charlie Yelverton calcasse i parquet dei campi da basket tricolori, era abituato a giocatori bianchi, abbastanza rigidi nei movimenti, e assolutamente “insipidi” una volta fuori dal rettangolo di gioco. Il basket in Italia era fatto di schemi, passaggi secchi e, soprattutto, tiri da fuori eseguiti con movimenti meccanici da giocatori scolastici il cui unico scopo era fare punti utili per la squadra. Poi arrivò Yelverton. Nero. Molleggiato. Flessuoso. Impegnato politicamente e grande amante del jazz. Un altro basket. Un altro sport. Un altro mondo. Yelverton era musica in campo. Dinoccolato, usava mettere la fantasia al potere. Era come un Coltrane d’annata: conosceva lo spartito da suonare, e lo conosceva così bene che amava improvvisarci sopra. E questo lo rendeva unico e quasi immarcabile. Giocò, e ancora tutti lo ricordano, a Varese. Correvano gli anni settanta…
Stranieri d’altri tempi (2): Charlie Yelverton. Un altro basket, un altro mondo
Charlie Yelverton un giocatore di basket ed un uomo impegnato dentro e fuori dal campo
