Intervistato in esclusiva dal “Corriere dello Sport”, Sandro Mazzola ha raccontato i tempi dell’Inter di Helenio Herrera e le delusioni avute con l’Italia. L’ex bandiera nerazzurra, però, non si è risparmiato rivelando anche particolari scottanti, riguardo all’utilizzo,a quei tempi, di sostanze dopanti.
“Doping? Mio fratello Ferruccio ha ragione, – ha ammesso Mazzola – le cose sono vere, negli ultimi tempi io e lui ci siamo ritrovati dopo alcune incomprensioni. Io ad un certo punto cominciai ad avere, in campo, dei fortissimi giramenti di testa. Andai dal medico che mi fece fare tutte le analisi e mi disse che dovevo fermarmi, che avevo problemi grossi”.
“Mi disse – contunua l’ex nerazzurro – che dovevo stare fuori almeno sei mesi. Ma questo Herrera non lo voleva. Da dove nascevano quei valori sballati? Non lo so. Ma so che, prima della partita, ci davano sempre un caffè. Non so cosa ci fosse dentro. Ricordo che un mio compagno, Szymaniak, mi chiese se prendevo la simpamina. Io non sapevo cosa fosse ma qualcosa che non andava, qualcosa di strano, c’era”.
Mazzola riserva comunque parole al miele per Herrera: “Ci diceva sempre che lui doveva allenare prima la nostra testa e poi le gambe. – ha ricordato Mazzola – Ma ci faceva faticare da pazzi. Compreso il lunedì. E poi i ritiri. Lui, non il medico, faceva la dieta. Il giorno della partita ci faceva mangiare un filetto al sangue alle dieci di mattina. Io non ci riuscivo. Ma per reggermi in piedi, in campo, mi ero messo d’accordo con un mio vecchio amico di Cassano che aveva aperto una panetteria a Milano. Mi faceva tre panini che io mangiavo di nascosto al Mago”.
L’ex numero 10 nerazzurro ha poi ricordato alcuni momenti belli e brutti della sua avventura con l’Inter: “Il momento più bello fu la prima finale di Coppa dei Campioni contro il Real Madrid, – ha raccontato – il più brutto nel 1967, quando in una settimana perdemmo Coppa dei Campioni e Scudetto. Prima con Il Celtic e poi con il Mantova, in quella maledetta partita”.
Mazzola, infine, non dimentica le emozioni vissute con la maglia della Nazionale: “Non ho ancora capito come facemmo nel 1966 a perdere con la Corea. – ha detto l’ex capitano dell’Inter – Il goal di Pak Doo Ik ci fece andare in tilt. Cercammo per tutta la partita di risolvere con azioni personali. Non ci riuscimmo. Ma quella squadra era forte e aveva in Fabbri un buon allenatore. Eravamo divisi, quelli di Inter e Milan non si parlavano…”.