Evra svela un retroscena su Allegri: “prima della partita contro il Borussia Dortmund…”

L'ex calciatore Evra a 360°, l'ex Juventus svela un importante retroscena sul tecnico Massimiliano Allegri

CalcioWeb

Evra ha interrotto ufficialmente la carriera da calciatore, è stato protagonista con diverse squadre ed adesso sta pensando al futuro con l’ipotesi di poter diventare anche allenatore. Il francese si racconta in un’intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’. «La mia carriera da calciatore è ufficialmente terminata. Avevo iniziato nel 2013 il corso per la licenza Uefa B di allenatore, ora lo voglio finire per poi passare all’Uefa A. Insomma, tra un anno e mezzo sarò pronto per dirigere una squadra. D’altronde Sir Alex Ferguson ha pronosticato che due dei suoi calciatori sarebbero diventati tecnici di livello: Ryan Giggs e Pat Evra».

Ha avuto degli allenatori di prestigio: Ferguson, Deschamps, Allegri: chi di questi le ha dato di più?

«Tutti mi hanno donato molto, ma a livelli differenti. Salvioni, che ho avuto al Nizza, mi ha insegnato l’umiltà, mi ha convinto a giocare in un ruolo, quello di terzino sinistro, che io ritenevo fosse limitativo perché preferivo giostrare più avanti. Deschamps mi ha insegnato che vincere è la cosa più importante, mentre da Ferguson ho capito che vincere è una cosa normale. Sir Alex lo considero come un papà, lui mi ha accettato per come sono, talvolta leader, talvolta arrogante».

E cosa dice di Allegri?

«Una sorpresa, una grande sorpresa: tatticamente un maestro. Faccio un esempio. Nel 2015, negli ottavi di Champions, battiamo il Borussia Dortmund 2-1 a Torino. Prima del ritorno Max ci fece vedere un video indicando i punti deboli dei tedeschi. Le aveva indovinate tutte: non ho mai giocato un match così facile. In campo successe esattamente ciò che lui ci aveva detto nella riunione pre-partita. Non a caso vincemmo 3-0 in scioltezza».

L’ha stupita allora la decisione juventina di chiudere con il tecnico livornese e iniziare il nuovo corso Sarri?

«La Juve è una società che rimarrà sempre, gli uomini vanno e vengono. Dunque non mi ha sorpreso la decisione e forse anche Max aveva bisogno di una pausa di riflessione. Anche perché si continua a dire che vincere la Serie A è una passeggiata, ma è falso».

Ma allora perché lei ha abbandonato la Juve?

«È una lunga storia. Intanto io non volevo lasciare il Manchester United, ma lo dovetti fare per motivi familiari. Mi accordai con Conte e poi arrivò Allegri con cui mi trovai comunque subito in sintonia. Però per i primi due, tre mesi ero depresso, sempre arrabbiato con tutti, non avevo metabolizzato il distacco dallo United, una squadra che è nel mio sangue. Rendevo al 30% del mio potenziale, in difesa giocavamo a tre e non a quattro e poi mi ero infortunato in allenamento, cosa che non mi era praticamente mai successa prima. Al mio rientro, in società s’iniziava a dire che Evra non era più quello di una volta. Lo affermò Paratici, con il quale ho un rapporto molto franco. Quella fu la molla che mi permise di conquistare la Juventus e i suoi tifosi: volevo dimostrare chi era il vero Patrice Evra. E così quell’anno arrivammo a un passo dalla Champions».

Ma non ci ha ancora detto per quale motivo se ne è andato!

«Vero. La stagione seguente fu eccellente, anche se qualcuno mi rinfaccia ancora l’errore nei supplementari negli ottavi di finale contro il Bayern quando non spazzai e causai la rete tedesca del 3-2. Ma quello è il mio modo di intendere il calcio; io non sono come Chiellini, probabilmente il miglior giocatore della Juve con cui ho giocato, che talvolta spara anche la palla in tribuna. Nel 2016-17, giocavo col contagocce, quasi solo in Champions: io però volevo scendere in campo sempre e lo feci presente ad Allegri. Non ero felice. Prima di Natale, nella Supercoppa Italiana a Doha il tecnico mi comunicò che non ero titolare, toccava ad Alex Sandro. Per la prima volta in carriera non m’impegnai a fondo nel riscaldamento pre-match. Al 33’ il mio collega brasiliano s’infortunò e arrivò il mio turno, ma non ero pronto e invece di Evra giocò la sorella di Evra. Era arrivato il momento di cambiare aria, anche se la Juventus conserva sempre un posto speciale nel mio cuore”.

Ha giocato con tantissimi fuoriclasse: chi è stato quello più forte?

«Probabilmente Giggs e Scholes, due giocatori dai quali ho imparato lo spirito di sacrificio, l’attaccamento mostruoso alla maglia. Poi naturalmente c’è Cristiano Ronaldo, a mio avviso attualmente il migliore al mondo. Già da giovane, allo United, non smetteva mai di allenarsi, una macchina meravigliosa. Ricordo ancora di quando m’invitò a cena dopo una giornata di allenamenti pesanti e mi offrì pollo e insalata, costringendomi a fare un po’ di palleggi dopo mangiato per non perdere la forma. O di quella volta che Rio Ferdinand lo batté a ping pong; non gli andò giù, la sconfitta non fa per lui, e nel giro di due settimane acquistò un tavolo, si allenò come un matto, sfidò nuovamente il suo compagno e questa volta lo batté».

A proposito di suggerimenti: Lukaku è conteso tra Juventus e Inter: secondo lei dove dovrebbe andare?

«Non saprei. Io direi sempre la Juventus! Però devo affermare una cosa: se a Torino c’è un avversario di cui hanno davvero paura questo non è il Napoli, ma l’Inter. E quest’anno con un allenatore eccellente come Conte, che ha fatto mirabilie in particolare alla guida della Nazionale, la lotta per lo scudetto sarà affascinante».

Al momento dei saluti un ultimo pensiero sull’Italia: «Questo paese mi ha dato troppo, la vostra nazione per me è come una seconda famiglia. E spero che tutte le squadre italiane facciano bene in Champions, a partire dall’Atalanta…».

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