Pelé ricorda il suo millesimo gol: la dedica ai bambini e i migliori giocatori di allora e di oggi

In un'intervista a "La Gazzetta dello Sport" Pelé ricorda il suo gol numero mille. Poi fa un paragone tra i giocatori di allora e quelli di oggi

CalcioWeb

Edson Arantes do Nascimento, per tutti Pelé. O Rei ha segnato 1281 gol in carriera. In un’intervista concessa a “La Gazzetta dello Sport” il campione brasiliano ha raccontato il suo millesimo gol, ma non ha tralasciato temi come il razzismo, il VAR, Neymar e il dualismo Messi-Cristiano Ronaldo.

Il 19 novembre saranno 50 anni dal gol numero mille, messo a segno nel 1969 contro il Vasco da Gama al Maracanã. In quella serata Pelé siglò la rete del definitivo 2-1 su rigore contro il portiere Andrada, scomparso all’inizio di settembre di quest’anno.

«Già, sono già trascorsi cinquant’anni. Si tratta di almeno un paio di generazioni… Se si fosse fatto qualcosa fin da quell’epoca magari le cose sarebbero diverse. Ma sa perché decisi di dedicare ai bambini quel gol? Alla vigilia di quella partita, dopo l’allenamento del Santos, beccai alcuni ragazzi che commettevano dei furti nelle auto vicino allo stadio. Li rimproverai e loro risposero: “Noi non stiamo rubando nulla. Queste macchine sono di gente che viene dalla città di San Paolo…”. E perché arrivano da San Paolo le potete derubare? E loro se ne andarono via. Così al momento del gol, per questo episodio, mi venne in mente di dedicarlo ai bambini. Oggi è molto più pericolosa la situazione dei ragazzi rispetto a quell’epoca. Tanti anni fa c’erano solo scippatori, i cosiddetti trombadinhas, come il titolo di un film in cui ho lavorato. Oggi si usano le armi per derubare la gente. Ma torniamo al millesimo gol. Prima di battere quel rigore tremavo, avevo paura di sbagliare. Era troppa responsabilità per me. Sarebbe meglio segnare su azione anziché dal dischetto. Dissi a Carlos Alberto di batterlo e lui mi sgridò: “Macché, lo batti tu”. Carlos Alberto era il nostro rigorista ufficiale. Tutti gli altri giocatori del Santos si piazzarono a centrocampo aspettando il mio tiro dal dischetto. E pensai: “E se il portiere lo respinge, se sbaglio, se colpisco il palo, non ci sarà nessuno per la ribattuta. Invece segnai. E il campo si popolò di gente».

Trapattoni fu il suo marcatore più implacabile.

«Ce ne sono stati tanti, di avversari difficili, ma il francobollo, quello che non ti lasciava scampo, era proprio lui. E pensi che Trapattoni non era mica un difensore sleale. Non ti dava dei calci, delle gomitate. Ne ho incrociati altri molto sleali: da argentini e inglesi, in particolare, ne ho prese tante».

Su chi siano i migliori giocatori attuali, Pelé non ha dubbi.

«Una volta ne trovavi due o tre in ogni Paese di grande cultura calcistica. Eusébio, Simões, Cruijff, Beckenbauer, Maradona, Garrincha, Didi. Quanti ne ho detti? Erano tantissimi… Oggi ne abbiamo due o tre in tutto. Messi, Cristiano Ronaldo, direi Neymar, che però in Brasile non è ancora riuscito a diventare una grande figura».

C’è un campione che Pelé avrebbe voluto al suo fianco.

«Penso a Leo Messi. È un giocatore abile, dà assist, passaggi, segna. Dribbla bene, fa delle giocate. Se fossimo in squadra insieme, gli avversari si dovrebbero preoccupare di due giocatori, non solo di uno! (Ride, ndr). Oggi Messi è il giocatore più completo».

Un calciatore che sta facendo bene in Brasile, ma ha faticato terribilmente in Italia è Gabigol.

«Si è fatto conoscere con la maglia del Santos, è andato in Europa, è tornato. È un buon giocatore, spero che abbia fortuna. Ma non si può garantire che sfonderà in Europa».

Infine, un pensiero su due temi caldi, VAR e razzismo.

«Purtroppo queste cose del razzismo io non le capisco… Siamo tutti esseri umani. Nessuno è meglio o peggio dell’altro. È un problema di invidia, di disuguaglianza. Non credo neanche che si possa rivalersi sulla squadra dandole una sconfitta a tavolino o dei punti di penalizzazione. Non si può condannare il club per quello che fanno i suoi tifosi. È come quando uno ha dei figli. Se uno di loro combina una sciocchezza, mica si possono rimproverare anche i suoi fratelli, no? Il VAR è un po’ confuso. L’intenzione originale la trovo positiva, ma la sua applicazione mi lascia un po’ perplesso».

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