Franco Causio, scoperto da un dipendente delle Ferrovie: era Moggi. Aneddoti e verità sulla partita a scopone con Pertini

La storia DI Franco Causio, Aneddoti ed episodi dell'ex calciatore entrati nella storia italiana
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Interprete di un ruolo che non c’è più, quello del tornante, Franco Causio è stato un grande protagonista con le maglie di Juventus e Nazionale italiana. Nato a Lecce nel 1949, esordisce con la squadra della sua città nella stagione 1964-65. L’anno successivo passa alla Sambenedettese, sempre in Serie C. Gli occhi delle grandi iniziano a posarsi su quel ragazzo, che intanto faceva provini con squadre di Serie A. Bologna e Torino le più interessate. Una volta lo chiama la Juventus. Causio racconterà anni dopo in un’intervista a “La Gazzetta dello Sport” che fu Moggi a scoprirlo. All’epoca il futuro ds della Juve era dipendente delle Ferrovie dello Stato. Gioca un tempo nell’amichevole contro il Forlì e fa due gol: “Per noi basta, cambiati”, gli dicono. E torna a San Benedetto del Tronto. Arriva una chiamata. “Ti vogliono a Torino”, gli dissero. Il giovane Causio pensò subito ai granata. Invece l’aveva preso la Juventus.

A diciassette vestire la maglia bianconera non è da tutti. Si allena con la Prima Squadra ma non esordisce. La Juventus vince campionato e Coppa dei Campioni. 21 gennaio 1968. Arriva la sua occasione. Trasferta a Mantova. Finisce 0-0 ma gioca bene. La dirigenza lo ritiene, però, ancora acerbo. Viene mandato in prestito alla Reggina in Serie B e l’anno dopo al Palermo in Serie A. Cinque gol a Reggio Calabria, 3 in Sicilia. La Juventus lo riscatta. Gioca dieci minuti contro il Milan e non può più essere ceduto, visto il regolamento dell’epoca. La Lazio pressava per averlo. Alla fine giocherà venti volte.

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Cestmir Vycpalek, zio di Zeman, diventa allenatore della Juventus l’anno seguente. Causio è titolare fisso e segna una tripletta all’Inter. Per la Juve è scudetto. Arriva anche la chiamata della Nazionale. Esordio con il Belgio, primo gol contro la Romania. L’anno successivo un altro scudetto, ma la finale persa contro l’Ajax. Intanto Causio diventa il numero 7 della Nazionale. Gioca poco nel Mondiale del ’74, di più in quello del ’78 e segna anche contro il Brasile. A 33 anni diventa campione del Mondo nel 1982.

Con l’arrivo in panchina di Trapattoni, Causio diventa un’ala pura del 4-3-3. Una squadra fortissima che si aggiudica nella stessa stagione il campionato e la Coppa UEFA. All’alba degli anni ’80 Causio vive un momento di crisi con la Juventus e in Nazionale. Viene scalzato rispettivamente da Marocchini e Conti. E’ addio inevitabile. Per la Juve è in netta discesa. Su Causio si fiondano Inter e Napoli, ma va all’Udinese. Un affare che rischiò di saltare per il ritardo di Dal Cin, direttore generale dei friulani, all’appuntamento.

Causio si rilancia alla grande. Insieme a Zico delizia il pubblico. Nell’estate del 1984 passa all’Inter: “Quando Boniperti ha saputo la notizia, mi ha telefonato chiedendomi di desistere. Cosa che ovviamente non ho fatto”. Un anno a Lecce per esaudire il desiderio del padre, chiude con due stagioni alla Triestina. Dopo il calcio ha scelto Udine per vivere. Gli hanno proposto di fare il team manager, poi ha fatto l’osservatore per la Juventus (ha scoperto Del Piero) e il commentatore per Sky e tv locali. E’ stato soprannominato il Barone da un giornalista di Torino, Fulvio Cinti, perché diceva che aveva stile in campo e fuori. A dire il vero a Causio piaceva di più un altro soprannome,“Brazil”, inventato da un altro giornalista, Vladimiro Caminiti.

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C’è un ricordo che Causio si porterà sempre e che è rimasto nell’immaginario collettivo: lo scopone con il Presidente Pertini sul viaggio di ritorno dalla Spagna: “E’ stato il presidente a volerla, racconta Causio a “La Gazzetta dello Sport”. Dopo la finale contro la Germania, ha chiesto che tornassimo a casa con il suo aereo, e l’occasione è stata propizia e indimenticabile. Io ero in coppia con Bearzot, il presidente con Zoff. Feci una furbata: calai il 7, pur avendone uno solo. Pertini lo lasciò passare e Bearzot prese il settebello. Abbiamo vinto così quella partita. Il presidente si arrabbiò tantissimo. Ma quando un anno dopo venne in visita a Udine mandò un’auto dei Carabinieri a prendermi, per stare tutto il pomeriggio con me. Che uomo!”. Eppure in quella partita a scopone c’era tutto Causio. Il 7, suo numero di maglia, la finta con l’avversario disorientato. E non un avversario qualunque, un terzino sul campo. No. Era il Presidente della Repubblica.