Da ormai qualche settimana non è più l’allenatore del Napoli, ma non ha perso tempo per tuffarsi in una nuova esperienza, di nuovo in Inghilterra. Sembra iniziata alla grande l’avventura di Carlo Ancelotti sulla panchina dell’Everton. L’ex tecnico azzurro però, in un’intervista al Corriere della Sera, è tornato a parlare della compagine partenopea, dell’esonero e delle differenze tra calcio italiano e inglese.
“Sono andato a Napoli perché – afferma – dopo nove anni all’estero, avevo voglia di tornare in Italia e Napoli mi sembrava una piazza interessante… Diciamo che non è finita bene, ma è stata una buona esperienza. Vivere a Napoli è una delle più belle cose che possano capitare. Poi un po’ per i risultati, un po’ per altre difficoltà, si è chiuso il rapporto. Io vengo esonerato il 12 dicembre, l’Everton ha mandato via l’allenatore ai primi di dicembre, le cose si sono combinate. Coincidenze. De Laurentiis ha detto: ‘Ho pensato di cambiare’, io gli ho detto ‘Sei sicuro?’, lui mi ha detto ‘Sì, allora io ho detto: ‘Ok, allora cerco un’altra squadra’. Non avevo voglia di star fermo e farmi pagare senza lavorare. Allenare in Inghilterra è affascinante, e la società dell’Everton è ambiziosa”.
“Come si capisce di essere vicini all’esonero? Lo annusi, lo annusi… Nel calcio i segreti non esistono, si sa tutto di tutti. A Napoli si annusava… e che devi fare? Devi prendere atto. Mi dà fastidio che, quando le cose non vanno bene, mi dicano ‘Ah, bisogna usare la frusta, sei troppo buono, sei troppo gentile e accomodante coi giocatori!’. Ma dico: i dirigenti al mondo non conoscono come alleno? Non mi puoi prendere e poi dirmi di cambiare il mio modo non solo di allenare: il mio modo di essere. Perché io sono così, e così sono arrivati i successi. Se tu mi dici ‘Devi usare la frusta!’, è sbagliato, è sbagliato”.
“Se uno è abituato al calcio italiano, trova un altro mondo. Non parlo dell’intensità del gioco, non è quello che fa la differenza. Qui c’è un ambiente diverso. In Inghilterra non si viene offesi, per esempio. L’insulto è fastidioso. In alcuni stadi italiani hai l’impressione che la gente ti odi, magari perché hai cambiato squadra. Un tipo si mette dietro la panchina e ti vomita addosso insulti per 90 minuti. Qui, è impensabile. Liverpool è una città informale. Non è grande, la gente è amichevole. Mi trovo bene perché non amo le città formali. Londra e Parigi offrono più scelta per le cose da fare, certo. Ma a Liverpool, come a Madrid, non devi metterti elegante per uscire a cena”.