E’ emergenza Coronavirus, crescono sempre più i casi anche nel mondo del calcio. Altri calciatori sono risultati positivi, ultimi casi in Premier League. La direttrice della Microbiologia Clinica Gismondo, Virologia e Bio-emergenze dell’ospedale Sacco di Milano ha affrontato l’argomento dell’epidemia in un’intervista a ‘Il Corriere dello Sport’.
SULL’EMERGENZA – “Non ho mai sottovalutato questo nuovo virus sconosciuto, ma non è certo la peste nera manzoniana. Non possiamo guardare i numeri del giorno e farne un’estrapolazione per fare una descrizione del fenomeno intero. Siamo liberi da un virus quando è trascorso il periodo massimo di quarantena, in questo caso 15 giorni, dall’ultimo caso positivo. Dobbiamo osservare questo lungo periodo e poi magari tirare un sospiro di sollievo. E comunque a livello di malattie infettive c’è di peggio, sia in termini di diffusione sia in termini di letalità. Il concetto è che non possiamo gridare alla peste nera. Ma è più letale, dicono. Sì, ma sui casi confermati, che potrebbero essere molti di meno dei casi reali. Il 60-70% degli italiani potrebbe essere venuta a contatto con il virus e il 90% di questi senza sintomi. Possono essere stati positivi senza saperlo e senza sentire il bisogno di fare un tampone. Così potrebbero avere inconsapevolmente infettato altri”.
I CALCIATORI I PIU’ ESPOSTI – “Sia per una sorta di depressione immunitaria momentanea conseguente a uno sforzo fisico intenso sia perché poi sono a contatto, come avviene negli spogliatoi. Di conseguenza se c’è un soggetto infettato ma senza sintomi diventa una facile fonte di contagio”. Ma non si temono strascichi: “14 giorni a casa con mascherina e bagno proprio, se ci sono sintomi occorreranno altri 14 giorni al termine della sintomatologia. Dopo torneranno in forma come quando si ha una forma influenzale”.