“Mi ha morso il cane! Ma era uno scherzo di Di Canio, sono stato fuori un mese, ma l’allenatore…”: retroscena Mudingayi

Retroscena simpatico raccontato dall'ex centrocampista della Lazio Gaby Mudingayi, vittima di uno scherzo da parte di Di Canio

CalcioWeb

Dietro un fisico da pugile (“Volevo iniziare col pugilato, ma non mi è stato permesso”), da duro, da combattente, anche in campo, si nasconde qualche paura: quella per i cani. A confessarlo è l’ex centrocampista di Lazio e Bologna Gaby Mudingayi, che si è raccontato a Casa Di Marzio rivelando un aneddoto legato ad uno scherzo di Di Canio ai tempi della Lazio.

“Partiamo dal presupposto che io ho paura dei cani e Di Canio lo sapeva. A qualche giorno dal nostro primo derby Paolo aveva invitato tutti i nuovi a casa sua: c’eravamo io, Belleri, Tare e Behrami”. Più il rottweiler di Di Canio. “Loro erano tutti d’accordo. Siamo entrati e c’era il cane legato in giardino: comincia ad abbaiare, così dico agli altri di muoversi. Ma intanto quel bestione esce da dietro, io non lo vedo e sento qualcosa che mi salta addosso: ‘m’ha morso il cane, m’ha morso il cane‘, inizio a urlare. Ma era Di Canio che mi faceva uno scherzo. Mi sono stirato per lo spavento. Fuori un mese. Ovviamente l’episodio è rimasto tra di noi: pensa se l’avesse scoperto l’allenatore”.

Un passo indietro, sugli inizi. “Ho iniziato a giocare tardi, prima dei 15 anni non sapevo cosa fosse il pallone. Fu mio padre a spingermi: in Belgio lo studio non andava benissimo, stavo tanto fuori con gli amici e allora mi impose di fare sport. Volevo iniziare col pugilato, ma non mi è stato permesso. Così ho provato il calcio e mi è piaciuto. All’epoca non avrei mai pensato di diventare professionista”.

La prima esperienza è il Torino. Poi, appunto, la chiamata della Lazio: “Prima di firmare mi hanno messo in guardia: non sai dove vai, soprattutto per gli stranieri è un mondo difficile, la tifoseria è razzista. Io avevo un po’ paura, ma dal primo giorno di ritiro a Fiuggi, tutti i tifosi mi hanno subito fatto capire che la Lazio è una famiglia. L’affetto della piazza lo sento ancora oggi. La partita contro il Real Madrid, in un Olimpico strapieno, è un ricordo che non dimenticherò mai”.

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