Milan, Rangnick tra retroscena e frecciate: “I primi contatti sono di ottobre. E su Ibra, Maldini e Boban…”

Ralf Rangnick, ad un passo dal diventare un nuovo componente del Milan, si è raccontato in una lunga intervista a Gazzetta dello Sport
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Lunga ed interessante intervista della Gazzetta dello Sport a Ralf Rangnick, ad un passo dal diventare un nuovo componente del Milan. Tanti gli argomenti trattati, tra retroscena ma anche qualche frecciata.

I primi contatti risalgono a fine ottobre, quando la squadra era in una situazione complicata: a tre punti dalla zona retrocessione. Io non ne ho mai parlato in pubblico. Ma per mettere in chiaro nessun contratto o penale, fino a tre settimane fa ero impegnato con la Red Bull. Sorpreso dalla conferma di Pioli? La squadra è stata la migliore post Coronavirus. Cambiare non sarebbe stato saggio né rispettoso. Pioli ha meritato la conferma, anche per la persona che è: l’ho apprezzato nelle interviste, sempre concentrato sugli obiettivi. Se poi è la scelta giusta nel medio e lungo termine è un’altra questione”.

“Dispiaciuto dalle parole di Maldini e Boban nei miei confronti? Nella vita una delle mie regole è: non parlare di chi non conosci personalmente. E da parte mia non è mai stata detta mezza parola sul Milan, mai. Posso parlare di Maldini ex giocatore: è stato straordinario, una leggenda vera e propria. Ma non posso dire lo stesso da direttore sportivo: semplicemente, non lo conosco in questo ruolo. Da esterno ci si può chiedere se la proprietà è contenta dei risultati in rapporto al denaro investito negli ultimi anni. Io causa del divorzio tra Zvone e il Milan? Dovete chiedere a chi rappresenta il club”.

Se avrei tagliato Ibrahimovic? La domanda da fare è un’altra. Perché il Milan si era rivolto a me? Cosa mi volevano far fare? Se lo ha fatto è perché, magari, cercava una svolta. Lavoro alla crescita, e i giovani imparano molto più in fretta. Non è nel mio stile insistere su giocatori di 38 anni, non perché non siano abbastanza bravi, e Ibra certamente lo è, ma perché preferisco creare valore, sviluppare il talento. Per me ha poco senso puntare su Ibra o Kjaer, ma è la mia idea, né giusta né sbagliata, semplicemente diversa. Quando Ibra ha detto di non conoscermi non aveva torto, perché anch’io non lo conosco personalmente, non avendoci mai parlato”.

Cosa deve fare il Milan per tornare in alto? Porsi un obiettivo concreto, in questo caso la Champions perché nessuno è felice di giocare in Europa League, magari il giovedì sei a Baku e la domenica a Cagliari. Sarà paradossale ma l’esempio è a 30 km di distanza da Milano: l’Atalanta ha un terzo del fatturato del Milan ma arriva davanti. Fanno investimenti intelligenti, hanno un settore giovanile tra i migliori d’Europa. Se qualcuno è bravo, io cerco di capire che strada ha seguito. Gasperini è bravissimo ma non è il solo. Si vince di squadra. Tra gli allenatori italiani cito subito anche Conte: ha uno stile di calcio sofisticato, attivo e aggressivo”.

Io più Sacchi o più Zeman? Giocai in amichevole (da allenatore-giocatore) contro la Dinamo Kiev di Lobanowski e mi impressionò: correvano da sembrare 14 in campo. Nel ’91 ero con mia moglie in Trentino e scoprii che vicino si allenava il Foggia di Zeman: feci avanti e indietro tutti i giorni per seguirlo. E poi Sacchi. Di lui ho un ricordo che mi lega proprio a Milano: con lo Schalke vincemmo a San Siro 5-2 contro l’Inter del Triplete, la eliminammo ai quarti di Champions. La sera prima, in hotel, incontrai Galliani che aveva letto alcune mie interviste e mi propose di parlare con Arrigo al telefono. Gli dissi che il suo Milan mi aveva impressionato e plasmato più di ogni altra squadra. Oggi la soddisfazione è avere 8 dei 18 tecnici della Bundesliga che hanno lavorato con me. Più altri che sono all’estero: Schmidt, Hasenhüttl, Struber, Low, il vice Tuchel”.