“Viados stavano per far saltare Ronaldo all’Inter. Marchisio si è comportato malissimo”: i retroscena di Pallavicino

Carlo Pallavicino, noto agente FIFA, ha svelato aneddoti e retroscena di calciomercato clamorosi: da Rui Costa a Ronaldo il Fenomeno

CalcioWeb

Carlo Pallavicino, noto agente FIFA, è colui che insieme a Giovanni Branchini ha portato in Italia campioni quali Ronaldo, Careca, Rui Costa. In un’intervista a ‘calciomercato.com’ ha ricordato gli inizi, quando da giornalista è passato a fare questo mestiere: “Avevo 24 anni e attraverso un amico in comune conobbi Giovanni Branchini. Ci ritrovammo a lanciare insieme la Branchini Associati che soprattutto per merito suo. I calciatori ebbero improvvisamente bisogno di un agente per trattare i loro contratti che, fino a poco tempo prima, li tenevano legati a vita ai club. La famosa legge 91 che entrò in vigore negli anni 80 e cambiò tutto consentendo lo svincolo dei calciatori a fine contratto. Eravamo in quaranta in tutta Italia, niente cellulari figuriamoci internet, cose che oggi sembrano indispensabili, eppure il mercato si faceva lo stesso”.

Tanti gli aneddoti raccontati nel corso della chiacchierata. A partire dalle trattative che hanno rischiato di saltare: “Ricordo quella di Rui Costa al Milan, anche se in realtà, seppur diversi da quelli di oggi, i cellulari già esistevano. Era con noi dai tempi del Benfica. Ho avuto la fortuna, io tifoso viola, di stargli accanto a Firenze durante tutta l’epopea di Batistuta, che divenne suo grande amico. Il trasferimento al Milan mi fece quindi un grande effetto. La Fiorentina quell’anno era di fronte alla possibilità di fallire e aveva l’obbligo di vendere Rui Costa e Toldo. Per il portoghese chiedevano 80 miliardi di lire. Col figlio di Tanzi e Branchini prendemmo insieme un aereo, viaggiammo con un volo privato verso Faro per convincere Rui ad accettare il Parma. Erano pronti a dargli una cifra incredibile, 10 miliardi di lire di ingaggio. Tentarono in tutte le maniere di prenderlo, sembrava fatta, ma il ragazzo aveva in testa il Milan perché l’allenatore della Fiorentina, Terim, aveva firmato per i rossoneri e con lui a Firenze si era trovato benissimo. Peccato che il Milan non fosse del tutto convinto perché ai tempi Berlusconi era Presidente del Consiglio e riteneva impopolare spendere 80 miliardi per un giocatore. Così per Rui Costa si aprì solo un’altra prospettiva rispetto al Parma, era quella della Lazio. Prenotai un treno alle 5.30 del mattino per arrivare a Roma in tempo dove mi aspettava Cragnotti alla Cirio per concretizzare nero su bianco il trasferimento di Rui Costa alla Lazio. Andai a letto molto presto, staccai il cellulare e il giorno dopo lo riaccesi in treno solo a pochi chilometri da Roma, ero a Orvieto. Fu così che mi ritrovai 40 messaggi in segreteria, tutti di Rui Costa e Branchini che mi chiamavano per dirmi che nella notte Galliani era riuscito a convincere in extremis Berlusconi a tirare fuori i soldi. Alla Lazio non la presero benissimo”.

Clamorosa quanto accadde con Benny Carbone: “Adesso che sono passati 25 anni mi fa anche una certa tenerezza ricordare la sofferenza che provai quando Benito Carbone mi lasciò. Lo presi nelle giovanili del Torino, un piccolo fuoriclasse. Stavamo costruendo insieme un bel percorso, immedesimazione totale con la sua carriera, Reggina, Casertana, Under 21, Torino, infine Napoli, dove era andato via Zola e lui si apprestava a diventare il nuovo numero 10. Li accadde una cosa clamorosa: comprò una macchina e prima ancora di fare l’assicurazione gliela rubarono. Arrivò negli spogliatoi a Soccavo disperato e lì trovò Cannavaro e Taglialatela che gli dissero di calmarsi e che avrebbero provato a sentire il loro procuratore, napoletano, che avrebbe provato a dargli una mano. In effetti l’auto fu ritrovata ma il pegno fu che dovette cambiare agente. Praticamente mi svendette per una macchina. La presi malissimo, non avevo ancora 30 anni, ero un ragazzo ingenuo e non gli parlai per tanto tempo. Lui poi capì di aver fatto una cosa non troppo elegante e tornò col nostro gruppo, da quel momento in poi lo seguì Branchini e ebbe una bellissima carriera andando all’Inter e poi anche in Inghilterra”.

Poi Pallavicino si getta in un giochino divertente. Un aggettivo per ogni calciatore: Generoso: Sebastiao Lazaroni, è veramente la persona in assoluto cui sono più legato nella storia del calcio. Presuntuoso: Una presunzione sana l’ha sempre avuta Paulo Sousa. Ma forse Seedorf in assoluto. Tirchio: un calciatore che non è stato mio ma che faceva storicamente un po’ fatica a pagare poteva essere Batistuta. Diciamo che al momento di pagare la pizza Rui Costa era più lesto. Permaloso: Eugenio Corini, un carattere speciale, sensibilissimo. Però era un po’ permaloso, nel senso che si offendeva facilmente. Opportunista: spiace dirlo, ma Claudio Marchisio con me si è comportato malissimo. L’ho preso quando era nelle giovanili della Juventus e l’ho accompagnato durante l’intero percorso di crescita, fino a fargli firmare due rinnovi milionari. Giunti al terzo, col contratto praticamente pronto e dopo aver litigato a più riprese con Marotta per garantirgli l’ingaggio migliore possibile, mi chiama e mi liquida con una telefonata. Senza alcun motivo. Si limitò a dirmi che da quel momento in avanti lo avrebbe seguito suo padre”.

Si chiude con un aneddoto su Ronaldo il Fenomeno: “La firma segreta con l’Inter mentre era al Barcellona. Venne con i blaugrana a giocare la semifinale di ritorno di Coppa delle Coppe contro la Fiorentina. Quella sera, con Branchini e i suoi agenti brasiliani organizzammo direttamente dagli spogliatoi del Franchi un trasferimento a casa mia sul Lungarno (al mattino dopo avrebbe volato da Peretola per il ritiro del Brasile) in modo che nessuno potesse riconoscerlo. Tre macchine separate (mi dette una mano anche mia moglie) Ronnie nella mia seduto dietro imbacuccato. Arrivammo a casa e iniziammo a cenare proponendo a Ronaldo le tre squadre che lo volevano: l’Inter, la Lazio e il Glasgow Rangers (solo per la Champions). Scelse i nerazzurri, Moratti era scatenato e lo aveva già conosciuto quando giocava al PSV. Facemmo la notte in bianco in casa aspettando l’ora per andare a prendere l’aereo. Tutto perfetto, fino a quel momento. All’alba usciamo di casa e ci troviamo davanti al portone alcuni viados brasiliani che frequentavano la zona. A quel punto accadde il pandemonio, iniziarono ad urlare il nome di Ronaldo e noi ci infilammo frettolosamente in auto per scappare. Menomale che i viados non avvertirono i giornalisti, ma tutta la macchinazione rischiò di saltare incredibilmente all’ultimo”.

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