Caos Brescia: perso lo stadio Rigamonti

Oltre alla retrocessione e all’inchiesta sui crediti fiscali, il Brescia di Cellino perde anche lo stadio: saldata solo una rata, il Comune risolve la concessione del Rigamonti.
CalcioWeb

Non c’è pace per il Brescia Calcio. Dopo la retrocessione in Serie C, la penalizzazione in classifica e un’inchiesta giudiziaria che ipotizza l’utilizzo di crediti fiscali inesistenti, arriva un altro duro colpo per il club di Massimo Cellino: la perdita dello stadio Rigamonti.

Per il Brescia Calcio, ogni giorno sembra aprire un nuovo capitolo di una crisi senza fine. Dopo la retrocessione in Serie C causata anche da una penalizzazione legata a irregolarità amministrative, e in piena bufera per un’inchiesta su presunti crediti fiscali inesistenti, arriva un’altra batosta pesantissima: il Comune di Brescia ha revocato la concessione dello stadio Rigamonti.

Sabato scorso, l’amministrazione comunale ha ufficialmente comunicato la risoluzione “di diritto” del contratto, motivata dal mancato pagamento integrale del canone previsto. La società aveva ricevuto una diffida e ha provveduto a saldare solo una delle due rate da 109.096,06 euro, rendendo inevitabile, secondo quanto previsto dall’accordo, la cessazione della concessione.

Scaduti i termini: il Rigamonti va restituito

La decisione del Comune è chiara e irrevocabile: lo stadio Rigamonti dovrà essere rilasciato e restituito alla città entro martedì 2 luglio, alle ore 17. Oggi è stata trasmessa al club la determina formale di risoluzione, con richiesta di liberare l’impianto.

Ulteriori valutazioni saranno effettuate nel corso della seduta di Giunta comunale prevista per mercoledì 3 luglio, ma già adesso appare evidente l’intenzione dell’amministrazione: tutelare il bene pubblico e ristabilire un rapporto di trasparenza e legalità nei confronti della cittadinanza.

“L’Amministrazione ribadisce l’intenzione di garantire la piena tutela del patrimonio pubblico e la massima trasparenza nei confronti della cittadinanza, in merito agli sviluppi della vicenda”, si legge nella nota ufficiale.

Una situazione non isolata: quando il calcio professionistico non regge i costi

Quello che sta accadendo a Brescia non è un caso isolato. Negli ultimi anni, numerosi club italiani – anche con una storia gloriosa alle spalle – hanno perso la gestione dei propri impianti sportivi a causa di difficoltà economiche, inadempienze contrattuali o situazioni societarie caotiche. Basti pensare alle crisi vissute da club come Palermo, Catania, Reggina, Chievo Verona e molte altre realtà che, per vari motivi, hanno dovuto affrontare procedure di revoca o sfratto dagli stadi comunali.

In molti casi, il problema nasce da una gestione finanziaria sbilanciata: i costi per sostenere una squadra professionistica sono elevati, soprattutto quando non si riescono a generare ricavi adeguati da diritti TV, sponsor o valorizzazione del settore giovanile. Gli affitti degli impianti comunali, seppur concordati su base annua o biennale, diventano insostenibili per società già in difficoltà con stipendi, fornitori e fisco.

Il caso Brescia fa ancora più rumore perché coinvolge una piazza storica, che vanta anni di Serie A, tifoseria appassionata e una lunga tradizione calcistica. Eppure, sotto la gestione di Massimo Cellino, già al centro di polemiche e controversie nei suoi anni precedenti a Cagliari e Leeds, il club è progressivamente scivolato verso una condizione di precarietà strutturale.

Cellino nel mirino: da simbolo di rilancio a figura contestata

Quando Cellino rilevò il Brescia nel 2017, si parlava di rilancio e ambizioni. Ma oggi, a sette anni di distanza, l’immagine del patron sardo è fortemente compromessa, con la piazza in fermento, risultati sportivi deludenti, e un’inchiesta fiscale che aggiunge ulteriori ombre.

La perdita dello stadio è simbolicamente e concretamente uno dei colpi più duri, perché priva il club non solo di una casa, ma anche di un asset fondamentale per la programmazione futura. Senza il Rigamonti, la partecipazione ai campionati professionistici è logisticamente e normativamente a rischio.

Il futuro delle Rondinelle è in bilico

Adesso resta da capire come e se il Brescia potrà rimediare. Le opzioni sul tavolo sono poche: senza uno stadio omologato e senza una base economica solida, la società rischia addirittura di non iscriversi al prossimo campionato di Serie C, con tutte le conseguenze del caso. La speranza, per i tifosi, è che la situazione possa risolversi almeno in parte nei prossimi giorni. Ma il tempo stringe, e la sensazione è che la crisi abbia ormai superato il punto di non ritorno.