Serie A, è allarme: “Non vogliono più investire nel calcio italiano”

La Link International di Hong Kong ha detto addio al Parma. I cinesi non investono più nella Serie A, è l'allarme lanciato da Vincenzo Longo

CalcioWeb

C’era una volta la Serie A, un campionato che richiamava investimenti da tutto il mondo. In particolare negli ultimi anni erano stati i cinesi ad interessarsi alle nostre squadre. Se prima era toccato al Milan con Mister Li, poi è stata la volta del Parma con la Link International di Hong Kong. Ma cosa è successo dopo? Gli orientali hanno abbandonato la società e i proprietari dei ducali non ha sottoscritto l’aumento di capitale dicendo così addio al club emiliano.

Interessante analisi di ciò che sta succedendo alla Cina e cosa spinga i potenziali investitori a star lontano dalla Serie A fatta da Vincenzo Longo, market strategist di Ig Group, società con sede nel Regno Unito che fornisce trading di derivati ​​finanziari ai microfoni di Formiche.net“A differenza del calcio inglese e spagnolo, gli investimenti nel calcio italiano in questo momento sono a perdere e i cinesi piano piano lo stanno capendo. Era già successo con il Milan, oggi con il Parma e anche quello di Suning nell’Inter non sta andando benissimo, nonostante la squadra quest’anno sia messa meglio delle scorse stagioni. Quel che è certo è che sta tramontando l’idea che gli investimenti cinesi potessero salvare il calcio italiano”.

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Ma cosa porta gli investitori cinesi a fare un passo indietro? “I motivi sono tanti – continua Longo – in primo luogo la mancanza di stadi di ultima generazione senza dimenticare il tema dei diritti televisivi che restano nel mondo del calcio uno dei pochi asset in utile ma che sono sempre appannaggio di pochi club e quasi sempre gli stessi”.

Intanto a Parma si sono riunite le famiglie Barilla, Dallara, Del Rio, Ferrari, Gandolfi, Malmesi e Pizzarotti che avevano rifondato il club nel 2015 riportando in serie A e rendendo la squadra nuovamente competitiva. “In una società di capitali ci sono obblighi e tempistiche la cui inottemperanza prevede conseguenze ineluttabili” – ha spiegato il presidente Marco Ferrari -. “Abbiamo un profondo e totale rispetto per la difficile situazione in Cina, ma Link avrebbe potuto e dovuto adempiere ai suoi obblighi sin dal 12 dicembre scorso. Non c’è stato alcun motivo che possa giustificare questa inadempienza. Nulla cambia, ovviamente, per il Parma Calcio, i cui piani di sviluppo continueranno ad essere supportati”.

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Negli ultimi anni la Cina ha dimostrato di voler investire parecchio nel settore, basta ricordare i piani del presidente Xi Jinping che voleva trasformare il Paese in una potenza calcistica mondiale, proponendo addirittura la candidatura di Pechino per i Mondiali di calcio del 2030. Inoltre aveva previsto l’inserimento del calcio come materia curricolare all’interno delle scuole. Ma qualcosa non sta funzionando e lo stesso Xi Jinping si è lamentato che gli investimenti cinesi si concentrassero troppo sui campionati esteri e poco su quello nazionale.

Per questo sono stati introdotti una serie di paletti come l’obbligatorietà del calcio nelle scuole, l’abbattimento delle tasse che i club devono versare all’erario, la gestione privilegiata da parte delle società calcistiche di stadi e infrastrutture. Provvedimenti che però hanno rilanciato il locale e indebolito gli investimenti all’estero: “È presto per dire anche quanto possa impattare il tema del coronavirus nei piani di espansione calcistica cinese” conclude Longo “di certo quella che era una priorità rischia di essere ridimensionata anche perché ciò che devono risolvere nel breve periodo agli occhi della comunità internazionale è l’incredibile vulnerabilità del loro sistema sanitario”.

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