Il calcio può attendere. Adesso bisogna salvare la vita delle persone. E’ la storia di Giovanni Di Meo, difensore di 26 anni del San Mariano (Perugia). E’ un calciatore-infermiere che sta lottando per aiutare la popolazione dall’emergenza Coronavirus. Il giocatore si è raccontato in un’intervista rilasciata a ‘Gianluca Di Marzio’. “Ironia della sorte, di fronte alla mia abitazione a 5 minuti dall’ospedale c’è un campo da calcio. E ci sono pure due palloni dentro. Prima o poi andrò a fare qualche tiro. Ho caricato la macchina, stampato l’autocertificazione e sono partito”.
LA STORIA – “Mi sono laureato a novembre in infermieristica e mi sono iscritto a vari bandi. Poi è scoppiata l’emergenza Covid-19 e 3 settimane fa mi hanno comunicato che ero stato preso a Rovereto. Questo è il mio primo incarico. Ho visto persone essere trasferite nei reparti di terapia intensiva e ci sono stati dei deceduti. Io vado avanti, concentrato sul lavoro da fare. Da 3/4 giorni c’è un netto calo dei ricoverati. Nel mio reparto siamo passati dai 30 pazienti di due settimane fa ai 15 di oggi. 13 uomini e 2 donne. La parte più complicata è stata quella di riconvertire tutto l’ospedale e attrezzarlo per l’emergenza”.
“Faccio turni da 8 ore, a volte 6 ore di fila senza mangiare, bere o andare in bagno. Siamo bardati da testa ai piedi. Oltre all’ospedale e al supermercato non ho visto nient’altro di questo paese”. Ma il dolore più grande è quello dei pazienti: “Li vedo abbattuti, tristi, impauriti. Psicologicamente devastati. Noi gli aiutiamo al meglio che possiamo. Di noi infermieri vedono soltanto gli occhi. È importante quindi parlare per far riconoscere il timbro della voce e farsi riconoscere”.
IL CALCIO – “Ho fatto due anni di Eccellenza e uno in Promozione. Poi ho smesso e ho ricominciato in seconda categoria perché la voglia di calcio è irrefrenabile”. Idolo? Nesta: “La sua eleganza non la batte nessuno. Però sono più appassionato del calcio dilettantistico. Quello autentico”.