Giancarlo Abete, ex presidente FIGC ed ex commissario straordinario della Lega Serie A, ha parlato nel corso della trasmissione ‘Stadio Aperto’, trasmissione di ‘TMW Radio’ dei principali temi del calcio italiano: “C’è stato il ping-pong mediatico. L’approccio di Gravina è stato corretto, chi opera nella Federazione e ricopre posizioni di responsabilità non può che trasferire un desiderio di voler riprendere. Naturale che la priorità sia la salute dei cittadini, la responsabilità delle scelte finali sono in capo al Governo e non a una federazione sportiva: bene ha fatto finora Gravina a portare avanti per la battaglia della ripresa. Sappiamo che il sentiero è stretto, alla luce delle valutazioni del CTS, deciderà il Governo. Se non ci fossero le possibilità di ripartire deve essere data alla FIGC la titolarità di decisione sui nuovi assetti e format dei campionati, perché non c’è una legge che lo prevede”.
Abete ribadisce che lo stop sarebbe un enorme danno: “Economicamente il danno è ingente, come quello che stiamo subendo tutti dopo il Covid-19, in termini di PIL, di perdita di occupazione e fermo del paese. Il calcio appassiona tanto di noi, ma ci si dimentica che il calcio ha ricevuto 680 milioni dal CONI pur pagando più di 11 miliardi di tasse negli ultimi dieci anni, appena il 6%. Bisogna capire che il calcio è una grande impresa, che al paese ha dato e non ha tolto. Finché si viene inquadrati in tribuna autorità sei gratificato, ma poi si finisce a dimenticarsene”.
Molto discusse alcune scelte del Ministro per lo Sport e le Politiche giovanili Spadafora: “Si è trovato a gestire una situazione inimmaginabile e complessa anche per lui. Diventa difficile dare giudizi, ognuno comunica nel modo che crede. Io preferisco essere sobrio, mai collegato a situazioni in cui sembrassi avere ruolo maggiore rispetto a quello che avevo. Bisogna constatare che il mondo del calcio non ha gradito alcune sue modalità di comunicazione, al di là dei contenuti. C’è una dimensione di responsabilità che va al di là anche dei singoli ministeri”.
Altri punti critici sono quelli legati a tamponi e nuovi positivi nel mondo del calcio: “Il contesto internazionale potrebbe anche aiutare a una ripresa in Italia, se ripartono altri campionati può essere uno stimolo. Non credo neanche che il calcio voglia trattamenti preferenziali su tamponi o cose che lo pongano su una dimensione diversa, non è un soggetto abituato ad utilizzare risorse non proprie, si è sempre preso responsabilità economiche. La quarantena è un problema delicato, altri paesi si sono comportati in maniera diversa, ma consideriamo pure che in Germania c’è una realtà politica dove i land hanno maggior peso decisionali. Poi bisogna valutare l’aspetto dei medici del calcio: non esiste un contratto collettivo che li riguardi, in termini reali non c’è mai stato, sono dei professionisti legati ai singoli club”.