Italia – Un sogno colorato, come merita il Brasile. La risposta alla crisi tecnica – e non solo – del calcio tricolore è attesa da una nazionale reinventata da Cesare Prandelli all’insegna di due parole d’ordine: gioco e nuovi italiani. La nazionale azzurra sbarca al Mondiale per riscattare il flop di quattro anni fa, l’eliminazione al primo turno nel 2010, un’altra Corea. E per dare continuità al corso inaugurato subito dopo il disastro sudafricano. Tutto questo, in uno dei momenti più involuti del calcio italiano, con una gruppo di giocatori composti per metà da campioni al passo d’addio e per l’altra metà di giovani lenti a sbocciare. Eppure la somma, almeno finora, è sempre stata superiore agli addendi La finale raggiunta a Euro 2012 e persa con la Spagna, poi il terzo posto in Confederations un anno fa, in mezzo qualificazioni ottenute con largo anticipo: l’Italia di Prandelli e Balotelli non è stata però solo risultati in questi quattro anni, ma anche una lenta e costante risalita dal fondo. Di più, è stata il volto pulito e sorridente di un calcio appesantito dai fallimenti dei club nelle coppe europee, dalla violenza, dal razzismo, dalla crisi economica. Neanche la polemica finale della convocazione di Chiellini nonostante la gomitata a Pjanic sembra aver offuscato all’estero la considerazione per il nuovo corso azzurro: Prandelli campione del mondo di eleganza e fair play è l’etichetta Fifa. E sul piano tecnico, c’è la convinzione che l’Italia sia pronta ad abbandonare le vecchie abitudini catenacciare per offrire al mondo palleggio e tecnica dei suoi migliori talenti. Perfino nelle abitudini del ritiro, con quello di Mangaratiba aperto alle famiglie, il nuovo corso sembra aver impresso una svolta. Le aspettative sono alte, e questo aumenta la pressione. ”Non siamo tra le favorite, ma possiamo mettere in difficoltà tutte le grandi”, ripete spesso Prandelli, che in prima fascia vede Brasile, Spagna, Germania e Argentina, e tra le sorprese Belgio e Colombia. E la sua Italia? Troppo sfacciato puntare alla quinta stella, un traguardo che avrebbe del clamoroso proprio in Brasile. Ma alle ambizioni nessun azzurro vuole rinunciare. Aver fallito l’ultima vittoria nelle qualificazioni è costato il posto tra le teste di serie, e il cammino nel tabellone mondiale si è fatto più complicato del previsto e più difficile di quanto non sembri. Subito l’Inghilterra a Manaus, poi Costa Rica, infine l’Uruguay: il club Italia ritiene la prima fase l’ostacolo più alto da superare, come sempre d’altronde nella storia azzurra ai Mondiali. Ma gli incroci non promettono partite facili neanche per il prosieguo: da quella parte del tabellone, andando avanti si possono incrociare la Colombia agli ottavi, il Brasile o la Spagna ai quarti. Per coltivare il sogno, l’Italia si affida all’esperienza di un numero 1 come Buffon, agli ultimi sprazzi di classe di Pirlo, agli estri di Balotelli. Ci sono i ‘nuovi italiani’ come Thiago Motta o Paletta, oltre a SuperMario, sulla scia di quanto già elogiato da Napolitano. C’è soprattutto l’idea di un gioco non passivo, che passa per i piedi buoni del centrocampo. Ma l’identità tattica pre Europei è un po’ smarrita, come le certezze sui 23 che hanno indotto Prandelli ad aspettare fino all’ultimo. In fondo è questa la sfida vera della sua Italia: dimostrare che una bella idea può davvero trasformarsi in un sogno realizzato.
Inghilterra – Stavolta l’orgoglio inglese e il sentimento di essere sempre la casa madre del calcio segnano il passo. In casa inglese, la prima nazionale che affronterà gli azzurri, il 14 giugno a Manaus, l’unico che ha voglia di continuare a fare lo spaccone è il vecchio Roy Hodgson, 66 anni. Gli altri, dopo tante dure lezioni, sfoggiano soltanto umiltà. Nel dopo-Capello, che è diventato via via anche il dopo-Terry, e il dopo-Cole, dilaga il pessimismo. Di campioni restano Rooney e i “vecchi” Gerrard e Lampard. Theo Walcott è stato fatto fuori da un infortunio mentre Jack Wilshere ha recuperato in tempo. Ma le “sparate” di Hodgson, che ha continuato a vantare la bellezza del suo calciooffensivo, non hanno trovato riscontro nella realtà: poco gioco e soprattutto poco spettacolo. C’è poi la grande incognita del morale di capitan Gerrard, già in fase calante e con una stagione dalla quale esce distrutto dal suo Liverpool, raggiunto e superato dal Manchester anche per quel suo clamoroso errore che ha fatto il giro del mondo: “è chiaro che non facciamo parte dei favoriti – ammette Gerrard – ne siamo coscienti. E’ evidente che ci sono formazioni superiori. Ma dobbiamo affrontare il mondiale credendo nelle nostre possibilità e giocandoci fino in fondo le nostre carte. Bisognerà dare il massimo”. Parole distanti anni luce dalla spavalderia dell’Inghilterra di Fabio Capello, che in Sudafrica avrebbe dovuto spaccare tutto e che invece s’è infranta agli ottavi contro la corazzata Germania con quel 4-1 (ma dopo il gol regolare annullato a Lampard) che ancora brucia. Insomma, i mugugni sono aumentati mese dopo mese, raggiungendo il top dopo l’ultima amichevole vinta a Wembley contro la Danimarca. In parecchi notano però che il trend è talmente diverso da quello che accompagnò i presunti invincibili di Capello, che forse vale la pena pensare positivo, almeno a un’Inghilterra-rivelazione. In difesa la coppia centrale Cahill-Jagielka sembra intenzionata a non far troppo rimpiangere Terry e Ferdinand, il centrocampo è fatto di valori sicuri anche se all’ultimo Hodgson ha rinunciato a Carrick. E in attacco – accanto al sempreverde Rooney – tutti gli occhi sono puntati su Daniel Sturridge, che tutta l’Inghilterra spera mantenga le grandi promesse.
Uruguay – C’è tanta Italia in maglia Celeste, quasi un derby per la terza partita del girone degli azzurri, che si troveranno di fronte un allenatore e tanti campioni che conoscono benissimo il calcio italiano e il campionato di serie A. A cominciare dal ct Oscar Tabarez (Milan e Cagliari negli anni Novanta) e da Edinson Cavani. Quarti in Sudafrica, gli uomini de “El Maestro” – così chiamano in patria Tabarez, 67 anni – vogliono migliorarsi. E ne hanno tutti i mezzi, cominciando dal loro attacco stellare, forse il migliore del torneo, con Edinson Cavani e Luis Suarez. Ai mondiali in Brasile del 1950, gli uruguayani seminarono dolore e lasciarono sul cuore di ogni brasiliano una piaga che mai si rimarginerà, strappando ai verdeoro quel torneo giocato in casa. Decine di brasiliani si tolsero la vita per quell’incubo che si materializzava, considerando anche l’accesa rivalità tutta sudamericana fra le due nazionali. La straordinaria nazionale uruguayana -due titoli mondiali e tanti piazzamenti per questo paese di soli 3,5 milioni di abitanti- non si nasconde, neppure nel girone di ferro con gli azzurri: “avere tre campioni del mondo nel proprio gruppo – ha detto Tabarez – evidenzia il livello del torneo. Il minimo che si possa dire è che ci sarà concorrenza…il resto tocca a noi. E conosciamo molto bene i nostri avversari e il loro valore”. Scorrere la lista dei giocatori della nazionale Celeste – spinta avanti dalla fede di tutto il loro paese, incastrato fra il Brasile e l’Argentina – è quasi una passeggiata nel campionato italiano: Cavani, ora al PSG, ha lasciato cuori infranti tra i tifosi del Napoli, Caceres è campione d’Italia con la Juventus, Gargano è un punto di forza del Parma in odore d’Europa, Alvaro Gonzalez è reduce da un campionato così così nella Lazio. Ma poi c’è il “vecchio” Diego Forlan, non memorabile il suo passaggio all’Inter, i “palermitani” Rios ed Abel Hernandez, il portiere ex laziale Muslera e Gaston Ramirez (Bologna). Con El Pistolero Suarez e El Matador Cavani, entrambi ventisettenni e probabilmente al top del loro enorme potenziale – sono centravanti di Liverpool e Paris Saint-Germain – l’Uruguay si prepara a confermarsi fra le grandi e a sognare il colpaccio. Con qualche preoccupazione: la difesa innanzitutto, che non sembra il punto di forza di questa nazionale. E il pericolo di lasciarsi distrarre e di montarsi la testa: l’ha capito bene il saggio Tabarez, che conosce le debolezze dei suoi ragazzi e ha promesso di “isolarli” in Brasile per evitare pericolosi sbandamenti.
Costa Rica – “E’ inutile nascondere che si tratta di un girone di ferro. Questo ci costringe a presentarci con la migliore preparazione”: Nel gruppo degli azzurri, il Costa Rica ha un compito proibitivo ma non mancano, ai Ticos, entusiasmo ed allegria dopo una qualificazione ottenuta con una giornata di anticipo e probabilmente la miglior squadra di sempre. Il ct Jorge Luis Pinto, 60 anni, colombiano, ha le idee chiare: “siamo felicissimi del nostro girone, sono tre squadre enormi, tre campioni del mondo, è fantastico. Ma noi speriamo di fare bella figura”. L’ambizione sarebbe quella di ripetere l’exploit dell’esordio ai mondiali, a Italia 90, quando la matricola costaricense guidata da una vecchia volpe come Bora Milutinovic arrivò sorprendentemente agli ottavi, perdendo poi contro la Cecoslovacchia. In Giappone-Corea 2002, seconda partecipazione, i Ticos non superarono il girone soltanto per la differenza reti a favore della Turchia, mentre in Germania quattro anni dopo fecero la loro peggior figura, perdendo tre partite su tre e tornando subito a casa. Estromessi da Sudafrica 2010 dall’Uruguay, che li sconfisse ai playoff, gli uomini di Luis Pinto sono al loro quarto tentativo, e si presentano con le ottime credenziali della loro miglior qualificazione di sempre: secondi nel girone, quattro punti dietro gli Stati Uniti e ben 7 davanti al Messico. Miglior prestazione, il 6 settembre a San Josè, vittoria contro gli Usa e qualificazione spianata. Il Costa Rica, oltre all’esperienza di una combinazione di giocatori esperti – in maggioranza militano in squadre europee di medio livello – vanta la miglior difesa del girone di qualificazione. Luis Pinto fa giocare la squadra con un 4-4-2 tutto corsa e pressing, che dovrebbe essere una garanzia di spettacolo. Il terribile incidente a Bryan Oviedo, difensore dell’Everton che ha riportato la doppia frattura di tibia e perone, ha fatto fuori dal mondiale una delle stelle annunciate ma gli altri saranno tutti al loro posto, con l’entusiasmo al massimo e la voglia di dimostrarsi i guastafeste del girone di ferro. In difesa spiccano Gonzales e Gamboa, che giocano entrambi in Norvegia come il centrocampista Diego Calvo, il veloce centrocampista di fascia Cristian Bolanos arriva dal campionato danese, la star Joel Campbell ha guidato in Champions League l’Olympiakos e sarà il bomber in Brasile. La linea d’attacco può contare anche sull’esperienza di Bryan Ruiz e Alvaro Saborio.